BRUXELLES Appena nati e già ai margini dei negoziati politici Ue, mentre ancora più a destra si organizza, attorno all’AfD, un’alternativa all’alternativa. A neppure 24 ore dalla costituzione formale del gruppo, i Patrioti per l’Europa di Viktor Orbán, Marine Le Pen e Matteo Salvini rivendicano (almeno) due posti al sole nella spartizione delle caselle di peso del nuovo Europarlamento. Ma le ambizioni di quella che, con 84 eletti, è appena diventata la terza formazione dell’emiciclo, sono destinate ad andare a sbattere contro il “cordon sanitaire” che tra Strasburgo e Bruxelles fa storicamente da argine all’ultradestra. Nella notte tra lunedì e martedì, i gruppi hanno trovato una prima quadra sull’assegnazione delle presidenze delle commissioni parlamentari, lì dove avviene il negoziato politico sui dossier legislativi. Un passaggio dovuto, che segue il metodo matematico D’Hondt, pesando proporzionalmente la rappresentanza di ciascuna famiglia politica. Secondo questo schema, ai popolari del Ppe andrebbero perlomeno sei presidenze, cinque ai socialisti di S&D, tre ai conservatori di Ecr e ai liberali di Renew Europe (che ieri hanno accorciato le distanze da Ecr, ora ridotte a un seggio appena), due ai verdi, una alla sinistra di The Left e due, appunto, ai Patrioti. Che, nel dettaglio, sulla carta avrebbero ipotecato la guida delle commissioni Trasporti e Cultura. Ma oltre ai calcoli c’è la politica, e contro i Patrioti i gruppi della euro-maggioranza di larghe intese stanno già innalzando un muro per sbarrare loro il passo tanto dai vertici di commissione, che verrebbero quindi ripartiti tra le altre formazioni, quanto da una delle 14 vicepresidenze d’Aula.
LA STRATEGIA
A confermare la riattivazione del “cordon sanitaire” — termine francese fin troppo noto ai lepenisti — è stato, ieri, il capogruppo del Ppe Manfred Weber: «È evidente che tutti coloro che vengono eletti dai cittadini europei devono avere la possibilità di lavorare qui al Parlamento Ue; un’altra questione, però, è chi rappresenta le istituzioni». Insomma, chi «rema contro il progetto Ue o, come Orbán, dichiara di voler smantellare l’Eurocamera» non può farlo, ha tagliato corto. Con i Patrioti prevedibilmente fuori dai giochi, tra gli altri gruppi si delinea l’Euro-Cencelli per la guida delle commissioni, in vista dei voti del 23 luglio: il Ppe punta all’influente Industria, i liberali alla piccola ma in ascesa Difesa, mentre all’S&D andrebbe l’Ambiente, che nella scorsa legislatura aveva gestito i provvedimenti del Green Deal, casella ipotecata dal Pd. Gli aggiustamenti in corsa non mancheranno: complice il pressing di socialisti e liberali, i popolari potrebbero cedere ai conservatori la guida dell’Agricoltura (indiziata per finire a un esponente di Fratelli d’Italia), e rilevare invece la commissione Libertà civili, che si occupa tra le altre cose di stato di diritto e migrazione, e che nella bozza di massima approvata l’altra notte toccherebbe proprio a Ecr.Quando mancano otto giorni al voto di conferma della plenaria sul suo nome, intanto, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, rimane a Bruxelles — rinunciando al summit Nato di Washington — per continuare a tessere la sua tela nei contatti con i gruppi parlamentari: ieri ha visto popolari e socialisti, oggi tocca a liberali e verdi. «Nessun dialogo, invece, con i Patrioti», avrebbe garantito. «Gli euroburocrati gettano la maschera e mostrano il loro vero volto, antidemocratico e irrispettoso del voto libero di milioni di europei», la risposta a muso duro della Lega. A fare da subito concorrenza ai Patrioti, nel campo della destra radicale, potrebbe arrivare a breve l’annuncio della creazione di un ennesimo gruppo, l’Europa delle Nazioni Sovrane, con una trentina deputati provenienti da 7 Paesi (la soglia minima): orbiterebbe attorno ai 15 tedeschi dell’AfD, pronti a fare squadra con i polacchi filorussi di Konfederacja, gli anti-establishment spagnoli di Sé Acabó La Fiesta, i bulgari di Vazrazhdane, oltre a una manciata di altre nazionalità (ma nessun italiano), tra cui un’eletta francese di Reconquête, ex Ecr.
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