Il conto alla rovescia è già iniziato. Questo week-end il cancelliere tedesco Olaf Scholz è atteso a New York come tutti gli altri leader europei — inclusa Giorgia Meloni — per l’Assemblea generale dell’Onu. Ma è probabile che lo sguardo e la mente del leader teutonico siano puntati lontanissimo dal Palazzo di Vetro. Per la precisione di seimilachilometri. Sarà molto più che un voto regionale, l’elezione che chiamerà alle urne questa domenica i cittadini del Brandeburgo.
La posta in gioco
In gioco c’è il destino politico di Scholz, la permanenza stessa sua e della sua coalizione a capo del governo. Un sorpasso o una nuova clamorosa affermazione dell’ultradestra di Afd — data per probabile dagli ultimi sondaggi — a danno della Spd, in una sua storica roccaforte, avvierebbero un countdown per il cancelliere. E un colpo fatale per il partito socialista uscito con le ossa rotte dalle ultime tornate elettorali. Solo terzo alle elezioni europee di giugno. Umiliato dall’estrema destra dell’ «Alternativa» sia alle elezioni in Turingia, dove Afd si è affermata primo partito, sia in Sassonia.
Il bivio del Cancelliere
A un anno dal voto nazionale Scholz è a un bivio. Con uno scivolone in Brandeburgo questa domenica, si aprirebbe la corsa nel partito per trovare un degno sostituto da candidare al cancellierato nel 2025. In pole c’è Boris Pistorius, ministro della Difesa, assai più popolare di Scholz tra la base socialista. Non sorprende allora se gli occhi di tutta Europa siano puntati su questo voto solo apparentemente locale. Non solo perdere, ma perfino finire tallonati da Afd in Brandeburgo significherebbe una debacle per il capo del governo. Per trentaquattr’anni è stato un vero e proprio fortino della Spd. Per quasi un decennio governato da un leader di ferro come Dietmar Woidke.
Un referendum
Sono in molti a pensare, tra gli analisti tedeschi, che il voto di domani sia anche un referendum sul cancelliere. In seria difficoltà, come per altri versi Emmanuel Macron, sul fronte interno. E costretto a fare i conti con un calo verticale di popolarità, specialmente su due fronti. Da un lato il contrasto all’immigrazione illegale, con il governo da mesi intento a inseguire l’ultradestra in un’escalation di misure draconiane — l’ultima è l’annuciata chiusura delle frontiere — dall’altro l’andamento preoccupante dell’economia tedesca e della sua industria, specialmente l’automotive.
Elezioni anticipate?
Il clima è tale che Woidke ha fatto di tutto per evitare una campagna elettorale a braccetto con Scholz. Comunque vada, il destino della «coalizione semaforo» al governo (socialisti, liberali e verdi) è in bilico. Nei palazzi della politica a Berlino, dove si taglia con il coltello l’attesa per il voto di domani, si torna a parlare di elezioni anticipate.
Se Afd dovesse affermarsi clamorosamente nello Stato-bastione della Spd, il rischio di un collasso della coalizione di governo a novembre, con elezioni anticipate in primavera, si farebbe concreto. E Scholz si troverebbe a salire sul primo aereo di ritorno da New York.
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