L’estate calda per tutti è ancora più calda per la Rai. Perché le ipotesi sul futuro del servizio pubblico, dopo che si è deciso di rimandare la patata bollente a settembre, sono varie e al momento poco prevedibili. Ci sarà la staffetta Sergio-Rossi alla guida dell’azienda, ad uscente e dg entrante e il secondo prende il posto del primo? Presidenza Agnes sì o no, considerando che le opposizioni per ora fanno muro e non vogliono votare — non per motivi personali, anzi la stimano davvero, ma per questioni politiche — l’attuale componente del Cda molto benvoluta nel centrodestra e in generale nel mondo televisivo? Fioccano ipotesi, dubbi, scenari, dietrologie.
Ma un dato di fatto c’è: da ieri, al posto della dimissionaria Marinella Soldi, come presidente c’è il membro più anziano del Cda, ossia Roberto Sergio, che è anche l’ad della Rai. Due poltrone, e pesanti assai, per colui che doveva essere l’uomo della transizione — ad per poi lasciare il posto a Rossi — e invece, da buon democristiano, si è rivelato l’uomo della permanenza. Al punto che lo scenario attualmente più probabile, tra i tanti, è questo e potrebbe mettere d’accordo tutti, centrosinistra compreso: congelare il Cda della Rai fino all’estate del 2025 (anche se è scaduto da maggio scorso ma la rissa politica sta impedendo il ricambio) e ancora Sergio sulla plancia di comando. Non solo per una questione politica — la Lega impaurita dello strapotere di FdI lo considera un punto di equilibrio, il Pd ne apprezza la capacità di dialogo — ma anche per alcuni risultati che al Mef, azionista della Rai, vengono apprezzati e sono riassumibili così: definita in modo chiaro, con questa governance, la direzione strategica dell’azienda (tra piano industriale, contratto di servizio e piano sostenibilità); avviata la trasformazione degli assetti industriali (anche attraverso il perfezionamento del piano immobiliare); chiuso il bilancio 2023 in pareggio e diminuito l’indebitamento; Rai come primo editore per ascolti. Quindi?
ROAD MAP
Tutto è ancora aperto. Ma la proroga per un anno dell’assetto attuale — stesso ad e stesso dg — sembra un’ipotesi sempre più forte. Secondo questo percorso che, anche al Nazareno, i dem più sensibili al caso Rai, non vedono affatto male. Il Mef, a settembre, potrebbe fare un Dpcm per la proroga dell’attuale Cda fino all’approvazione del bilancio 2024 (che sarà nel maggio 2025). In coincidenza con il Dpcm può essere nominato dal Mef il consigliere in sostituzione della Soldi. Magari un personaggio non sgradito al centrosinistra (chi? ancora non si fanno previsioni) e il campo largo potrebbe votarlo come presidente o, in nome di un ritrovato dialogo, dare finalmente i consensi mancanti, servono i due terzi nell’elezione in commissione di Vigilanza, mancanti a Agnes per diventare la numero uno, come figura di garanzia, a Viale Mazzini.
Si tratterebbe di un percorso non facilissimo ma che echeggia e non poco nelle conversazioni politico-televisive di questo agosto senza abbiocco, specie per quanto riguarda la Rai.
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