Sports

«Non era gara alla pari»


Angela Carini piange, e si mette in ginocchio con una smorfia nel viso per una gara che non disputerà pur avendola attesa con ansia (e dopo aver preso e dato tanti pugni per salire su quel ring). Un dramma per una sportiva. Dramma che scoppia dopo un solo diretto sferrato da Imane Khelif, e a 45 secondi dall’inizio del match. Così l’azzurra si ritira e rinuncia a boxare contro la sua avversaria (a cui non dà la mano al termine dell’incontro lampo). Perché non la ritiene una vera avversaria. «Io non sono nessuno per giudicare Imane. La verità è che non sappiamo nulla della mia avversaria, tranne una cosa: che lei non ha nessuna colpa. È una ragazza che è qui per fare le Olimpiadi, come me. Chi sono io per giudicarla?», dice parlando appena scesa dal ring.

Angela Carini, perché ha abbandonato il ring contro Khelif?

Imane Khelif (17° ai mondiali di pugilato dilettanti del 2018, 33° a quelli del 2019, alle Olimpiadi di Tokyo ha perso ai quarti di finale per 5 a 0 e ai mondiali di pugilato dilettanti del 2022 è stata battuta in finale) è un‘iper-androgina, è un’intersex non una transgender, e a chi cerca ossessivamente i test eseguiti dal Cio, sappia che sono protetti dalla privacy. Per un endocrinologo questa 25enne nata sui monti dell’Atlante, soffrirebbe di un disordine dello sviluppo sessuale: una condizione in cui la persona presenta una variazione delle caratteristiche del sesso o delle differenze nello sviluppo del sesso (DSD). La sindrome dell’ovaio policistico, ad esempio, è una patologia tra cui rientra questo disordine. Si verifica anche quando i caratteri sessuali primari e/o secondari non sono immediatamente definibili come esclusivamente maschili o femminili. Khelif è una donna e si sente una donna ed è anche un’atleta esclusa dai Mondiali di boxe dell’anno scorso perché nei gender test eseguiti dalla federazione (a trazione russa) risultava un tasso di testosterone più alto di quello che normalmente hanno le donne. «Le diverse normative del CIO su queste questioni sollevano seri interrogativi sia sull’equità competitiva che sulla sicurezza degli atleti», ha scritto l’Iba alla vigilia del match.

«Se lo chiami difetto perdi l’opportunità di farci qualcos’altro», recita un detto motivazionale e la sportiva algerina deve essersi comportata di conseguenza, deve cioè aver boxato, e continuato a boxare, senza lasciarsi condizionare troppo da quei test ormonali. 

Carini non nasconde invece l’amarezza e si sente defraudata. «Lascio per la mia famiglia», ha detto pensando al padre scomparso poco dopo i Giochi di Tokyo. «Non mi sono arresa», ci tiene a spiegare dicendo di aver sofferto per il «pugno (che) mi ha fatto troppo male». «Mi faceva troppo male il naso, non potevo andare avanti e mi sono detta che dovevo fermarmi. Poteva essere il match della mia vita, ma ho dovuto pensare a salvaguardare la mia incolumità. Sentivo di doverlo fare, anche se non ho mai avuto paura di salire su un ring», ha raccontato una volta scesa dal ring. «Ho disputato tanti match in nazionale — ha detto l’azzurra di Afragola — e ho fatto i guanti tante volte anche con uomini, anche mio fratello (Antonio, anche lui pugile ndr), ma oggi ho sentito troppo dolore». Poi, sempre in lacrime, ha commentato il suo gesto con orgoglio: «Esco a testa alta». E a ruota, anche i massimi vertici istituzionali del Paese solidarizzano con lei. Dalla presidente del consiglio Giorgia Meloni che sottolinea che «conta competere ad armi pari» al presidente del Senato La Russa che dice che il ritiro «le fa onore». 

Carini ieri aveva detto che si sarebbe battuta con tutta sé stessa, poi oggi dopo il primo pugno ha deciso di abbandonare la gara. Inginocchiarsi è il modo che ha per dire che non è giusto aver permesso una competizione impari, e cioè che il Cio l’abbia fatta gareggiare contro una donna che secondo lei non è pienamente una donna (leggetele il labiale quando guarda in basso e ripete: «Non è giusto, non è giusto!»). Una «tesi estrema», sintetizza in modo lapidario la premier Meloni. «Una follia», aveva detto ieri la scrittrice scozzese JK Rowling. «Dovrà succedere che una pugilatrice esca dal ring con ferite permanenti?», si era chiesta. Dubbio che fa eco a quel pugno «denunciato» oggi dalla napoletana Carini. E dopo aver visto il match Rowling ha scritto che contro la sportiva italiana si è consumata una «ingiustizia brutale». Ha commentato: «Questo non è sport. È bullismo degli organizzatori che hanno permesso che ciò accadesse, si tratta di uomini che si godono il loro potere sulle donne».

Il presidente della federazione italiana: «In mancanza di organo federale meglio non ammettere la disciplina ai Giochi»

Fuori, infuoca la polemica con critiche molto forti dirette anche alla federazione di pugilato italiana: «La ragazza andava ritirata prima di essere buttata al massacro», scrivono diversi utenti sulla bacheca social della Fpi. In un comunicato il presidente Flavio D’Ambrosi scrive che «in assenza di una Federazione internazionale, forse sarebbe meglio non ammettere la disciplina ai Giochi olimpici». «Anche se, lo devo ammettere, sarebbe stata dura da digerire una scelta del genere fatta nei confronti del pugilato», aggiunge.

Angela Carini si ritira e rinuncia a combattere contro la discussa atleta algerina Imane Khelif

Carini si rifiuta, dunque, di partecipare a un incontro che nelle ultime 48 ore tantissimi, soprattutto politici, avevano giudicato impari perché l’atleta algerina, pur se ammessa alle gare femminili dal Cio, è considerata ambigua dal punto di vista del genere poiché i suoi test rileverebbero un surplus di testosterone, l’ormone maschile secreto dai testicoli nell’uomo e dalle ovaie e dalle ghiandole surrenali nella donna. È una questione molto complessa e dibattuta perché bisognerebbe capire se un’atleta intersex sia davvero più forte perché più brava, più allenata o perchè ha appunto un vantaggio biologico dalla nascita.

Ci sono pareri contrastanti su questo e c’è troppa poca letteratura scientifica in merito. 

Certo che il Cio non ha gli standard rigidi che invece ha inserito nell’atletica leggera (esclusione delle donne trans dalle competizioni). Il Cio non prevede l’ispezione degli organi sessuali, non equipara automaticamente i valori alti di testosterone a un vantaggio (nel documento aggiornato nel 2021 scrive che «nessun atleta ha un vantaggio intrinseco e si allontana dai criteri di ammissibilità incentrati sui livelli di testosterone, una pratica che ha causato pratiche dannose e abusive come esami fisici invasivi e test sul sesso»). Ha un approccio inclusivo e quando svolge controlli li fa tutelando sempre la privacy. Come dire: se viene deciso che un’atleta può partecipare a una competizione, tutti gli altri atleti devono sentirsi garantiti da questa decisione. Che è poi quel che aveva detto Carini ieri: «Io mi adeguo».

Oggi il colpo di scena. Ma nel ritiro di Carini non c’è premeditazione, spiega il suo tecnico Emanuele Renzini. L’algerina che aveva di fronte è rivale che «mena duro, ha colpi pesanti» ha detto il coach, ma altre del gruppo azzurro l’hanno sconfitta. «Poteva riuscirci anche Angela ai punti ma ha deciso così, a me ha solo detto che non voleva combattere che il naso le faceva male. Ho provato a dirle di arrivare almeno alla fine della prima ripresa così ci saremmo confrontati, ma niente», ha riferito. «Fa malissimo», ha detto Carini, perché Khelif va ai quarti senza aver gareggiato. Mentre lei no. Per lei le Olimpiadi finiscono qui.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Exit mobile version