Parte dalla Germania la prima scossa di terremoto per il settore dell’auto europeo. Volkswagen, dopo l’allarme vendite, ha annunciato ieri la temuta chiusura di tre stabilimenti e il contestuale taglio del 10% degli stipendi. Una scossa che ha scatenato la durissima reazione dei sindacati tedeschi e fatto scattare l’allarme rosso a Berlino. Una preoccupazione che rischia di allargarsi visto che la crisi dei costruttori europei, Renault esclusa, è generalizzata. Tant’è che l’ad di Stellantis, Carlos Tavares, a fronte della flessione delle vendite, oltre il 30% nell’ultimo scorcio dell’anno, non ha escluso il ricorso ai licenziamenti.
Di certo lo scenario è cupo con le case automobilistiche strette tra i vincoli green (che hanno fatto lievitare i prezzi delle vetture), la crescente concorrenza cinese e la carenza delle infrastrutture per ricaricare i veicoli elettrici. Un mix letale, quello legato alla transizione verde, che confonde i consumatori e che fa crescere dubbi e interrogativi sul futuro del comparto. Non pronto, almeno nel Vecchio Continente, ad affrontare rapidamente la duplice sfida sul fronte tecnologico e dell’adeguamento delle piattaforme industriali.
L’ALLARME
Proprio l’Anfia, l’associazione della filiera italiana dell’auto, ha lanciato un grido d’allarme dopo aver scoperto che in manovra sono stati decurtati circa 4,6 miliardi dal fondo automotive. risorse destinate al sostegno di produttori e indotto con incentivi e sostegni economici.
Il nostro — spiegano dall’Anfia — è il principale settore manifatturiero italiano, conta oltre 270mila addetti diretti, ha un fatturato di oltre 100 miliardi ed e l’unico a cui e richiesta una trasformazione obbligatoria epocale in pochi anni.
Inoltre, si legge in una nota — «come ben noto a tutte le istituzioni, le aziende italiane oltre alle sfide del green deal, stanno anche affrontando una conclamata crisi industriale a livello nazionale, che, unita al forte calo dei volumi di mercato a livello europeo, sta mettendo seriamente a rischio la sopravvivenza di un’eccellenza italiana». Il taglio previsto dal disegno di legge di Bilancio 2025 è considerato un fulmine a ciel sereno di fronte «al grande lavoro che il governo sta svolgendo in Europa a favore del settore per migliorare la regolamentazione, e che annulla questi mesi di lavoro del Tavolo Sviluppo Automotive, che hanno portato Anfia, le parti sociali e le Regioni e a proporre al Governo un piano d’azione per supportare la filiera». Nel dettaglio i numeri nella tabella della Manovra sono i seguenti: 2025: dotazione 762 milioni, sottratti 562,1 (rimanenti 200 milioni); dotazione 2026: 1 miliardo, sottratti 812.1 milioni (rimanenti 200 milioni); dotazione 2027: 1,1 miliardi, sottratti 812,1 milioni, (rimanenti 200 milioni); dotazione 2028/2030: 3 miliardi, decurtati 2,4 miliardi, (rimanenti 600 milioni).
Il ministro Adolfo Urso in serata ha assicurato che c’è il massimo impegno del governo a sostenere la filiera produttiva. «Tutte le risorse — ha spiegato — andranno sul fronte degli investimenti produttivi con particolare attenzione alla componentistica che è la vera forza del Made in Italy».
LA GERMANIA
Volkswagen, secondo Daniela Cavallo, sindacalista e presidente del consiglio di fabbrica, intende chiudere almeno tre stabilimenti in Germania», tagliando decine di migliaia di posti. Particolarmente in pericolo sarebbe lo stabilimento di Osnabrueck.
La Vw, che impiega circa 120.000 persone in Germania, di cui circa la metà a Wolfsburg, punterebbe anche a delocalizzare. A rischio tutti e dieci le fabbriche in territorio tedesco, di cui sei in Bassa Sassonia, tre in Sassonia e uno in Assia. Mai nella gloriosa storia della casa automobilistica erano stati fatti licenziamenti. Tant’è che il cancelliere Olaf Scholz avrebbe chiesto chiarimenti immediati. Un portavove dell’esecutivo ha dichiarato che «eventuali decisioni sbagliate del management non debbano ricadere sulle spalle dei lavoratori e che si debbano mantenere i posti di lavoro».
Prende posizione anche il presidente di Confindustria Emanuele Orsini. «La notizia sulla probabile chiusura di altri tre stabilimento Volkswagen e del taglio degli stipendi ci dice quanto abbiamo sbagliato nelle scelte ideologiche nella partita automotive». «Oggi la questione deve essere come emettere meno Co2, non si può essere obbligati a usare una sola tecnologia, dobbiamo mettere al centro la neutralità tecnologica. Dobbiamo investire nelle nuove tecnologie e non disperdere quello che sappiamo fare», ha concluso. Anche i sindacati, dalla Cisl alla Uil fino alla Cgil, sono molto preoccupati per il taglio dei fondi in manovra e per una transizione troppo rapida che rischia di essere pagata a caro prezzo con la chiusura di stabilimenti e la perdita di occupazione. Dopo la Germania, in molti temono che Stellantis segua l’esempio tedesco.
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