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Italia ultima in Ue per neolaureati con un lavoro


Italia fanalino di coda in Europa. Stavolta però, a giustificare l’uso di una delle espressioni più usate (e abusate) a Bruxelles, non c’entrano né la crescita anemica né i conti pubblici in disordine, ma l’ultima graduatoria stilata da Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione, per misurare il tasso di occupazione delle persone di età compresa tra i 20 e i 34 che hanno in tasca, da non più di tre anni, un diploma di istruzione secondaria superiore oppure una laurea o un master universitario.

IL DATO

Diffusa ieri, la stima per l’anno 2023 inquadra il valore medio nell’Ue a 27 all’83,5%, mentre in Italia la partecipazione dei più giovani (e più titolati) al mercato del lavoro subito dopo la fine del percorso di apprendimento o accademico scende drammaticamente al 67,5%, maglia nera della classifica alle spalle di Grecia, penultima con 72,3%, e Romania, con 74,8%. Insomma, nessuno fa peggio di noi quanto a ragazze e ragazzi che faticano a trovare un primo impiego; e infatti quelli di Eurostat sono «numeri che fanno pensare», ha commentato il commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni con un laconico post su X, l’ex Twitter, a corredo dei dati. Il tasso di occupazione complessivo dei neodiplomati e neolaureati negli anni immediatamente successivi al conseguimento del titolo si attesta come pari o superiore all’80% in 22 Paesi Ue su 27, segnala Eurostat, celebrando un trend positivo e in costante miglioramento per l’Ue nel suo insieme. Si tratta, infatti, di un incremento dell’1,1% rispetto ai dati del 2022, quando l’occupazione degli under 34 con una formazione perlomeno secondaria se non anche terziaria si attestò all’82,4%. Ed è in linea — rileva ancora l’ufficio statistico Ue in una nota — con l’aumento visto negli ultimi dieci anni: «Nel 2013, il tasso era del 74,3% e da allora è cresciuto costantemente. L’eccezione è stata il solo 2020, anno della pandemia (fu pari al 78,7%), quando si osservò un calo di 2,3 punti percentuali rispetto al 2019 (81%)». Nella classifica relativa agli scorsi 12 mesi, prima della classe è stata la piccola Malta, in testa con il 95,8%, seguita dai Paesi Bassi (93,2%) e dalla Germania (91,5%). «È importante assicurarsi che il passaggio dall’istruzione al lavoro avvenga senza problemi per evitare il rischio di diventare una persona non occupata né inserita in un percorso di istruzione o formazione (i cosiddetti “Neet”)», spiegano i tecnici di Eurostat in una nota di accompagnamento alla statistica, pur riconoscendo che «il rischio di diventare “Neet” diminuisce con il livello di istruzione».

IL CONFRONTO

La scorsa primavera, presentando i dati relativi alla forza lavoro nell’Ue nel 2023, Eurostat aveva segnalato che 195,7 milioni di persone di età compresa tra i 20 e i 64 anni nell’Ue possono contare su un impiego: la percentuale (75,3%) è la più elevata dall’inizio della misurazione nel 2009, e anche il terzo valore più alto di fila dopo la battuta d’arresto rappresentata dalla pandemia. Anche in questa occasione, però, l’Italia si è piazzata all’ultimo gradino della classifica a 27, con appena il 66%, in compagnia ancora una volta di Grecia (67%) e Romania (69%), mentre in vetta alla graduatoria figurano Paesi Bassi (84%), Svezia (83%) ed Estonia (82%). Allora Eurostat misurò pure il tasso di persone sovra-qualificate (cioè con istruzione terziaria ma impiegate in mansioni che non richiedono un elevato titolo di studio), fissandolo al 22% nell’Ue a 27 (21% tra gli uomini e 23% tra le donne): il valore più alto è stato registrato in Spagna (36%), il più basso in Lussemburgo (5%). Tra il quarto trimestre del 2023 e il primo trimestre del 2024, poi, Eurostat ha rilevato che il tasso di occupazione è variato in tutti i Paesi Ue, tranne in Italia e Lettonia, dove è rimasto stabile.

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