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Extraprofitti, il dibattito agita la politica La Russa a Tajani: no a liti interne


Torna l’ipotesi della tassa sugli extraprofitti delle assicurazioni o delle banche. E, un anno dopo, mette nuovamente in subbuglio politica e istituti. L’opzione di inserirla in Manovra non è mai stata confermata da Palazzo Chigi o dal ministero dell’Economia. Anzi, il ministro Giancarlo Giorgetti ha ufficialmente smentito un’altra operazione sulle banche, dopo il tentativo fatto dal governo un anno fa e trasformato in un incentivo all’accantonamento dei profitti nelle riserve degli istituti. Ma l’idea ha comunque generato ieri un botta e risposta tra il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e il presidente del Senato, Ignazio La Russa. Il segretario di Forza Italia è in pressing su Palazzo Chigi e il Mef da giorni. Soprattutto dopo che fonti di via Venti Settembre hanno fatto sapere che il Giorgetti «è favorevole ad aprire le discussioni» sul tema anche in ambito europeo, dopo che è stato posto dalla Croazia all’Eurogruppo di Budapest di giovedì scorso, trovando l’attenzione di altri 3-4 ministri.

Un’ipotesi «irreale, perché Giorgetti non ne ha mai parlato» si era affrettato a dire l’altro ieri il vicepremier. Poi, a domanda diretta in un’intervista su La Stampa, la precisazione. «Non voteremo mai una misura come quella presentata nell’estate del 2023 » ha detto.

LA STOCCATA

«C’è dibattito, gli extraprofitti delle banche non sono in programma — ha replicato La Russa, alla festa di Fratelli d’Italia a Lido degli Estensi — ma è pur vero che le banche di profitti non voglio dire immotivati, ma molto grandi ne hanno avuti in questi anni. Non c’è bisogno di inalberarsi prima ancora che il tema sia posto». «Sono amico di Tajani, questa non è un’accusa — ha aggiunto — ma stiamo attenti a non anticipare un dibattito anche in casa nostra». Quindi sulla scelta di Giorgetti la domanda retorica: «Perché irrigidirsi solo perché il ministro davanti alla proposta del ministro croato ha detto “va bene, ne parleremo”? Che doveva fare, schiaffeggiarlo?». E infine la stoccata al vicepremier. «Forse devi fare piacere a qualche banca? — ha osservato la seconda carica dello Stato — Penso di no, perché Tajani non lo farebbe mai, e allora stiamo attenti a quello che diciamo».

Un riferimento non troppo velato, secondo i maligni, alle banche della galassia Fininvest della famiglia Berlusconi dopo l’incontro di qualche giorno fa tra Marina Berlusconi e Mario Draghi, letto da alcuni come un segnale a Giorgia Meloni su possibili mosse politiche di Forza Italia fuori dai confini della maggioranza di centrodestra. Nel frattempo il pressing delle opposizioni è forte. «Per il bene del Paese — ha commentato il presidente del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte — continuiamo a sperare che Meloni riesca a liberarsi dalla paura di pestare i piedi a chi evidentemente conta molto».

COSA DICONO LE BANCHE

Nel frattempo le banche italiane promettono misure per il sociale, di rafforzamento delle garanzie (in parte già esistenti) a sostegno di chi ha bisogno oppure si trova in una fase anche temporanea di difficoltà. C’è la disponibilità degli istituti a condividere con la politica misure a favore di imprese e famiglie, come avvenuto un anno fa dopo il blitz di agosto (modificato) sugli extraprofitti, ma anche questa volta “no secco” a un aumento della tassazione che già colpisce in modo sproporzionato il sistema e di cui si è fatto portavoce Antonio Tajani («Siamo assolutamente contrari») facendo da sponda ad Antonio Patuelli («paghiamo il 3,5% di Ires»). E a Cernobbio Gian Maria Gros-Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo, ha sottolineato che nel 2023 le prime cinque grandi banche hanno pagato 8,5 miliardi di tasse. Ma a dimostrazione di questa disponibilità, l’Abi ha concordato con gli associati di riunire in questi giorni un tavolo tecnico, prima al suo interno, al fine di tener pronto un piano di azione da mettere sul tavolo del governo in vista di un confronto che si sta delineando a livello europeo.

L’INCONTRO

Mercoledì 25 è in calendario a Roma il mensile comitato esecutivo presieduto da Patuelli in cui alla presenza dei principali banchieri, il dg Marco Elio Rottigni metterà sul tavolo le proposte elaborate all’interno. Del resto all’ultimo Ecofin a Budapest il ministro Giancarlo Giorgetti si è detto «favorevole ad aprire una discussione» a livello comunitario, una soluzione comunque complicata perché deve mettere d’accordo 27 paesi con orientamenti diversi.

Il pensatoio Abi come ha fatto altre volte, dovrebbe partire da iniziative per imprese (fondi garanzie) che vanno a sostenere le fasce più deboli, più difficoltà ad avere accesso al credito. La prima opzione va al fondo garanzia prima casa che permette ai giovani, alle giovani coppie max 36 anni — e famiglie più numerose — 3- 5 figli- o al fondo garanzie pmi che finirà a fine dicembre come periodo transitorio e quindi va rafforzato da gennaio con capacità di operatività: quindi necessità di una dotazione con più soldi o di adeguate garanzie da definire con Mimit.

Ci sono allo studio misure a favore dell’economia non della finanza pubblica, interventi che potrebbero ancora riguardare i debiti delle famiglie, il tutto nelll’ambito delle regole di vigilanza che restano stringenti e comunque sempre in un contesto di volontarietà per non incorrere nelle strettoie concorrenziali. Un format che potrebbe essere esaminato sarebbe anche quello di Intesa Sanpaolo, 1,5 miliardi per i bisognosi. I banchieri comunque ricordano che lo scorso anno la soluzione concordata tra Mef-Abi con la mediazione di Tajani ha portato alla doppia opzione di pagare il tributo legato alla crescita del margine di interessi oppure ricapitalizzare le banche appostando a riserva obbligatoria due volte e mezza l’equivalente della tassa: tutti hanno optato per questa alternativa con un rafforzamento di sistema di 5,7 miliardi al posto dei 2,3. A giugno e giovedì scorso, Bce ha tagliato i tassi di uno 0,85% che comporterà un calo dei profitti.

NEL RESTO D’EUROPA

Nel resto d’Europa ad adottare una tassa sugli extraprofitti delle banche sono stati i governi di Spagna, Repubblica Ceca, Lituania, Slovacchia e Ungheria, che ha fatto da apripista. Il governo di Madrid, guidato da Pedro Sanchez, puntava a reperire circa tre miliardi dall’imposta, colpendo in primis gli utili dei primi cinque istituti, che hanno superato i 26 miliardi di euro nel 2023. Secondo gli esperti ne dovrebbe fruttare di meno, ma almeno un miliardo entrerà quest’anno nelle casse dello Stato. Con gli stessi soldi, in Italia, il governo potrebbe finanziare ad esempio i possibili nuovi aiuti alle famiglie. Giorgetti non vorrebbe colpire le grandi imprese e nemmeno gli istituti finanziari di media grandezza, ma la strategia è chiara: se fosse tutta l’Europa a premere, sarebbe difficile continuare a dire di no e bisognerebbe cedere. Riuscendo a portare miliardi in cascina utili per finanziare le misure economiche allo studio.

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