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Sparisce «Kiev si fermi». Il giallo della nota leghista


Con quante voci parla il governo sull’Ucraina? Doveva certificare l’unità della coalizione, il vertice del centrodestra convocato da Giorgia Meloni ieri a Palazzo Chigi dopo un’estate ad alta tensione nella maggioranza. E invece, poco prima che la premier e gli altri leader abbandonino la riunione, scoppia un giallo sul più delicato dei fronti: la politica estera. E insieme al giallo i dubbi, i sospetti.

Andiamo con ordine. Sono le tre del pomeriggio quando il governo diffonde la nota congiunta dei capi partito, firmata oltre che dalla premier da Matteo Salvini, Antonio Tajani e Maurizio Lupi. Piena unità di intenti, promettono, specie sui dossier internazionali: «Condivisione sulla crisi in Medio Oriente e sulla posizione del governo italiano relativamente alla guerra in Ucraina».

IL GIALLO

Tutto liscio? Insomma. Perché in contemporanea la Lega diffonde un’altra versione della nota. Chiusa da una postilla proprio sulla guerra in Est Europa. Viene ribadito «l’appoggio a Kiev» e però, in questa versione, i leader si dicono «contrari a ogni ipotesi di interventi militari fuori dai confini ucraini».

Tempo due minuti e lo staff di Salvini cancella tutto. Una svista dettata dalla fretta, spiegano. «Si tratta di un semplice errore, non c’è alcun problema», mette in chiaro lo stesso Salvini. Ma intanto il tam-tam è partito. Già, perché la frase aggiunta nella nota-fantasma non è proprio da niente. Nei fatti, condanna l’operazione militare che Volodymyr Zelensky ha avviato ormai da tre settimane nella regione russa di Kursk. Una contro-invasione per spiazzare Putin e sorprendere il nemico in casa propria.

È la posizione, per dire, difesa dall’ungherese Orban, colonna putiniana in Europa. Non è invece, o non lo è stata finora, la posizione italiana. Le opposizioni colgono la palla al volo. Enrico Borghi, da Italia Viva, incalza Salvini. «Altro che scelta stilistica — sferza il senatore — la differenza tra lasciare nel comunicato quel passaggio o toglierlo è come quella tra stare sulle posizioni di Orban o su quelle dell’Unione Europea, degli Stati Uniti e del Regno Unito».

Fonti leghiste negano un blitz studiato ad hoc. Si tratta di un errore, assicurano: una versione precedente della nota congiunta prevedeva l’appunto sull’operazione di Zelensky, che poi è stato tagliato via. Nella nebbia intorno al comunicato ucraino crescono i sospetti. In Fratelli d’Italia sono sicuri che a vergare quella nota sia stata proprio la Lega. E leggono dietro l’incidente l’ennesimo smarcamento del Carroccio sul sostegno a Kiev.

Non è un caso, in effetti, se alla fine la nota ufficiale diffusa da Palazzo Chigi non fa menzione dei distinguo leghisti. Meloni fa limare il comunicato dell’esecutivo. Detta un’altra linea. Condivisa dal suo braccio destro Giovanbattista Fazzolari, sottosegretario-Richelieu da sempre schieratissimo per il sostegno senza se e ma alla causa ucraina.

La premier è irritata — eufemismo — per l’ennesimo polverone sulla postura diplomatica del governo. Se davvero si tratta solo di un incidente, è il tempismo a trasformarlo in un caso politico. Sono infatti giornate delicate per la diplomazia italiana. Giovedì, al Consiglio Affari esteri Ue, il ministro Tajani ha preso le distanze dall’Alto rappresentante Borrell. Lo spagnolo, ormai in scadenza di mandato, ha proposto di permettere ai soldati ucraini di usare le armi europee anche all’interno del territorio russo. Una linea rossa che l’Italia non intende varcare, ha messo in chiaro il titolare della Farnesina: le armi fornite da Roma devono essere dispiegate solo ed esclusivamente in Ucraina, «a scopo difensivo». Ieri Borrell ha messo nel mirino Roma: «Ridicolo dire che se si permette di colpire obiettivi militari in Russia allora siamo in guerra contro Mosca».

Gli ha risposto a tono Guido Crosetto: «Gli ucraini non si sono mai lamentati degli aiuti italiani». E da Bruxelles è arrivata una nuova sferzata agli alleati. Firmata Ursula von der Leyen: «Coloro che sostengono l’interruzione del sostegno all’Ucraina non sostengono la pace: sostengono l’acquiescenza e la sottomissione dell’Ucraina». Tant’è. Dietro il caos, una certezza. Il Cdm ieri ha dato il via libera al prestito agevolato di Cdp da 100 milioni di euro per sostenere Ukrhydroenergo, la principale società idroelettrica ucraina.

Altri 100 arriveranno dalla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo. Il provvedimento, attesissimo da Kiev, porta la firma di Tajani e ha la benedizione di Meloni. L’Italia non lascerà l’Ucraina al buio e al freddo. Un avviso a Mosca e a chi, a Roma, sarebbe tentato di spegnere l’interruttore.

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