Adesso anche Jerome Powell appare più ottimista sul calo dell’inflazione. Ieri davanti all’Economic Club di Washington il numero uno della Federal reserve ha detto che i dati sull’aumento dei prezzi nel secondo trimestre sono stati positivi e che «le ultime tre letture dell’inflazione aumentano la fiducia» della Banca centrale. Negli Usa l’inflazione si attesta al 3%, quindi molto vicino all’obiettivo del 2% della Fed. Gli analisti ora si aspettano un taglio dei tassi da parte della Banca centrale a settembre. Intanto l’attentato all’ex presidente americano e candidato repubblicano alla Casa Bianca Donald Trump non ha intaccato la fiducia di Wall Street, che prosegue a inanellare nuovi record storici.
La Fed lascia i tassi invariati. Giù l’inflazione
«Oggi non daremo alcun segnale – ha detto a ogni modo ieri Powell – su nessuna scadenza in particolare». Powell ha poi aggiunto che le scelte sul prossimo taglio dei tassi da parte della Fed «verranno prese di riunione in riunione alla luce dei dati e sulla base di un’attenta valutazione dei rischi e dei benefici».
La prossima riunione del Fomc, il braccio di politica monetaria della Fed, è prevista per fine mese. Le date segnate in rosso sul calendario sono quelle del 30 e del 31 luglio.
I FATTORI
L’inflazione non è però l’unico fattore di rischio a cui guarda la Fed per decidere se ridurre o meno i tassi dall’attuale forchetta 5,25-5,5%, il livello massimo da 23 anni. «Il mercato del lavoro – ha proseguito Powell – si è raffreddato e adesso si trova in una situazione di equilibrio». Il raffreddamento del mercato del lavoro è il segnale di una minore pressione inflazionistica. Powell ha anche precisato che «la campagna elettorale Usa non influirà in alcun modo sulle future scelte della Banca centrale».
La Fed ha mantenuto invariato il suo tasso di riferimento per quasi un anno, dopo averlo aumentato in modo aggressivo nel 2022 e nel 2023. Ma l’inflazione adesso è molto distante dal picco del 9,1% raggiunto due anni fa, ecco perché la maggioranza degli analisti prevede un taglio dei tassi a settembre da parte della Fed. A giugno l’inflazione americana è calata oltre le attese, attestandosi al 3% su base annua, contro il 3,1% stimato dagli analisti e il 3,3% registrato a maggio. L’obiettivo del 2%, ora, si può toccare quasi con mano. L’indice core, quello al netto di energia e alimentari, il preferito dalla Fed di Jerome Powell, ha segnato su base annua un aumento del 3,3% e dello 0,1% mese su mese, sotto le attese degli analisti in entrambi i casi.
L’OCCUPAZIONE
Sempre a giugno sono stati creati negli Usa 206.000 posti di lavoro, in leggero calo rispetto ai 218.000 di maggio, e la disoccupazione resta bassa, attorno al 4%. I salari orari medi sono aumentati di 10 centesimi, lo 0,29%, a 35 dollari, mentre rispetto a un anno prima sono cresciuti del 3,86%. Bene la produzione industriale, che nel mese di maggio ha rialzato la testa con una variazione positiva dello 0,9% su base mensile. Su base annua si registra invece una variazione pari a +0,4%, dopo il -0,7% precedente. La produzione manifatturiera ha registrato a sua volta un rialzo dello 0,9%, contro attese per un +0,3%. Infine, secondo gli ultimi dati del Dipartimento del commercio, a maggio i redditi personali negli Stati Uniti sono aumentati dello 0,5%, contro il +0,4% atteso dagli analisti, mentre le spese per i consumi sono cresciute dello 0,2%.
© RIPRODUZIONE RISERVATA