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«Ora sono delusa, ma tornerò a sorridere


Certo, fa rabbia, e Jasmine Paolini trattiene a malapena le lacrime, dopo aver perso la seconda finale Slam consecutiva, dall’8 giugno al Roland Garros contro Iga Swiatek a ieri a Wimbledon contro Barbora Krejcikova. Anche se da prima italiana di sempre a giocarsi il titolo nel Tempio e nuova eroina del pubblico. Anche se, stavolta, cede davvero per un soffio dopo la partenza ad handicap e la struggente rincorsa. Ma il sorriso di mamma Jacqueline ravviva il Centre Court tutto e deve servire da bussola per il futuro di questa fantastica 28enne.

SUPER JAS

Un anno fa la Paolini era 44 del mondo e da domani è 5: nessuno l’avrebbe mai pronosticata così grande, partendo dagli appena 163 centimetri, fino a diventare di forza, di testa, di varietà di gioco, di coraggio, la prima finalista dell’accoppiata nobile Parigi-Londra dopo Serena Williams nel 2016 (nell’élite degli ultimi 25 anni con Graf, Venus Williams ed Henin), stupendo soprattutto sulla sacra erba dello sport dove s’è presentata col record di 0-3 ed ha infilato Sorribes Tormo, Minnen, Andreescu, Keys, Navarro e Vekic, arrendendosi sotto il traguardo per 6-2 2-6 6-4 dopo quasi 2 ore alla coetanea di Brno. L’ennesima protagonista di qualità della scuola ceca, regina 3 anni fa del Roland Garros e poi 1 del mondo di doppio, seconda di classifica più alta (n. 32) a firmare i Championships dopo la connazionale Vondrousova (32) dodici mesi fa, l‘ottava regina diversa degli ultimi 8 anni.

SERVIZIO

Forse è come suggerisce Ivan Ljubicic, già numero 3 del mondo e coach di Federer: «La differenza l’ha fatta il servizio». È così nel primo set, dominato, e nel terzo, soprattutto col game del 5-3 dopo il decisivo break, e poi nel drammatico ultimo game, con le prime di battuta che decretano il 73% di punti (contro il 61% della toscana). Barbora ce la fa e non riesce a crederci sotto gli occhi di Martina Navratilova, la magica mancina di Praga che scappò dall’ex Cortina di ferro. Nel nome di un’altra grande ceca, Jana Novotna, che sfatò il tabù Championships dopo aver perso due finali ed aver pianto sulla spalla della duchessa di Kent, divenne la mentore/coach di Krejcikova, per cedere però a un male incurabile. «Dopo gli juniores, non sapevo cosa fare, se diventare pro o studiare. Andai a casa di Novotna, le lasciai una lettera, lei mi disse che avevo talento, consigliandomi di provarci. Prima di morire mi ha detto: “Continua e vinci uno Slam”. Ce l’ho fatta a Parigi, ed è stato un momento incredibile. Non avrei mai immaginato di essere con lo stesso trofeo che lei ha vinto nel 1998». Forse, come suggerisce la coach e talent tv, Barbara Rossi: «Sul 3-3 del terzo set, la Paolini doveva essere più coraggiosa, invece ha fatto un passo indietro». Come dicono i 28 vincenti e i 37 errori gratuiti di Barbora, per evitare che il gioco passasse a Jasmine. A rischio di infarto del suo clan sul 5-4 quando serve per i Championship, va 30-0 con due prime, con tre errori deve fronteggiare una terrificante palla-break che annulla con la prima di battuta, manca un primo match point sballando di rovescio, deve cancellare un seconda palla del 5-5 che riaprirebbe il match tirando il dritto e poi al terzo match point decide col servizio.

IL SOGNO CONTINUA

Di sicuro Jasmine non finisce qui: per lei garantiscono il credo del lavoro e dei miglioramenti, l’intelligenza e la freddezza anche nel dire sul campo, a caldo: «Vedere questo stadio pieno è un sogno realizzato. Oggi sono un po’ triste ma cercherò di continuare a sorridere perché da bambina guardavo in tv le finali di Wimbledon tifando per Federer. Giocarne una è pazzesco. Mi sono goduta ogni momento. Grazie a tutti, proprio tutti, quelli che rendono possibile questo torneo. Il pubblico è stato incredibile, sentire il vostro affetto è stato pazzesco come gli ultimi due mesi. Grazie al mio team, la mia famiglia, a tutti quelli che mi hanno sostenuto sempre. Senza di loro non sarei qui. Vi voglio bene». La ripartenza è già iniziata.

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