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«Nelle mie creazioni l’essenza del Libano»


Non è stato facilissimo per Elie Saab, 60 anni, prendersi il suo posto nella moda. Il Libano non è esattamente al centro delle passerelle mondiali. Anche se molti clienti dell’haute couture hanno proprio il passaporto mediorientale. Eppure, con tenacia e senza smettere mai di crederci, è arrivato nella capitale francese. Ha iniziato molto giovane. «Si, e il mio primo obiettivo era supportare i miei genitori, soprattutto considerando che era un periodo di guerra. Ho iniziato a vestire la mia famiglia e nel corso degli anni i miei modelli hanno guadagnato popolarità e ho iniziato a immaginare sempre di più il mio futuro in questo settore. Sono nato con la passione per la creazione e la realizzazione di abiti e con duro lavoro e perseveranza ho portato il mio marchio al livello attuale».

Ha dovuto impegnarsi di più essendo libanese?

«Non c’erano stilisti nella regione. Il che ha reso difficile per i miei genitori comprendere la mia ambizione, soprattutto perché era un percorso non convenzionale. Tuttavia, col tempo e man mano che i miei prodotti guadagnavano popolarità, ne hanno visto il potenziale».

Ha parlato di guerra. Una casa di moda in una zona tumultuosa può non essere una buona idea.

«A quel tempo, la mia visione andava oltre la guerra. Ero immerso nel mio mondo, dove immaginavo tutto come accattivante. Una donna, nonostante tutto, vuole sentirsi ammirata. La mia idea era rendere belle tutte le cose».

Il Libano è ispirazione?

«La nostra cultura e il nostro patrimonio ci definiscono e sono una fonte costante di idee per me. Vivere a Beirut, soprattutto durante l’era cosmopolita degli anni Settanta, ha profondamente influenzato e arricchito il mio percorso creativo. L’eleganza delle donne libanesi di quel periodo ha avuto un grande impatto sui miei disegni. Nelle mie creazioni mescolo l’essenza del mio Paese col fascino del Mediterraneo».

Ha iniziato a sfilare a Roma. Cosa ricorda?

«Essere accettata alla Camera Nazionale della Moda come prima stilista non italiano è stata una pietra miliare per me. Volevo espandermi oltre il Medio Oriente. Avevo già clienti nella regione ed è stato toccante vederli supportarmi in un’altra terra».

E poi è arrivata anche la Chambre Syndicale de la Haute Couture. Cosa ha pensato?

«Sono stato l’unico stilista non francese a entrarci. Per me un vero onore».

Proprio a Parigi a giugno ha presentato un mood meno orientale e più gotico e drammatico. Voglia di cambiamento?

«Ho esplorato nuovi stili come il taglio a sirena, ispirato all’arte slava. Ci sono le radici del marchio, ma con un tocco di novità. Mi concentro su design senza tempo, non sulle tendenze. Ogni abito mira a mettere in risalto femminilità ed eleganza, facendo sentire le donne sicure di sé e sublimi».

La sua è un’azienda famigliare. Come funziona?

«È impegnativo e gratificante. Come azienda indipendente, ci dà la libertà di prendere decisioni e plasmare il nostro percorso. A differenza di molte case di moda che cambiano spesso stilista o sono controllate da grandi gruppi, possiamo rimanere fedeli ai nostri valori. Tuttavia, dobbiamo adattarci continuamente ai gusti e alle richieste dei consumatori. Elie Jr è entrato a far parte dell’azienda nel 2012 come CEO. La sua leadership ha introdotto nuove idee e progetti, portando nuova energia e innovazione all’azienda».

Cosa la tiene sveglio la notte?

«Mi ritrovo spesso a riflettere sulle responsabilità che ho. Passo anche molto tempo a pensare a ciò che ho detto durante il giorno, a pianificare i prossimi passi e a considerare cosa mi riserva il futuro».

Una sua giornata tipo?

«Se non in viaggio, inizio presto. Vado in ufficio a Beirut e gestisco varie responsabilità con l’aiuto del mio team e spesso torno a casa tardi. Ma mi assicuro di dare priorità ai fine settimana per trascorrere del tempo di qualità con amici e famiglia».

In che modo le celebrità hanno influenzato l’evoluzione del marchio?

«La svolta è arrivata quando Halle Berry ha indossato Elie Saab agli Oscar nel 2002: un singolo abito può avere un impatto enorme sulla carriera di uno stilista. Da lì mi hanno scelto in molte, tra cui Angelina Jolie, Beyoncé, Jennifer Lopez, Taylor Swift e Lily Collins. Ognuna di queste donne mi affascina non solo per la sua bellezza esteriore, ma anche per le sue qualità interiori».

Collaborerebbe con un marchio fast fashion? «Le capsule aiutano a colmare il divario tra diversi segmenti della moda e a raggiungere un pubblico più ampio, possono creare connessioni significative e offrire un’esperienza di moda più ricca per i consumatori».

A cosa dice no?

«A ciò che contraddice la mia visione o non è fattibile. Se un cliente richiede un design che non gli si addice sono onesto. Voglio che il risultato sia appropriato e lusinghiero». 

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