Ministro Tajani, viene presentata la nuova Commissione Ue nel giorno dell’escalation in Libano. La Ue e l’alto rappresentante per la politica estera che cosa possono fare contro questa spirale?
«Il Medio Oriente, così come l’Ucraina, sono due grandi sfide in cui la Ue deve giocare da protagonista. Occorre arrivare alla pace, anche se non mi nascondo ed è evidente a tutti che esistono molte difficoltà in questo tragitto. La situazione è complicata. E si complica sempre di più. Continuiamo a invitare tutti, Israele, l’Iran e i suoi alleati come gli Houthi e Hezbollah, perché si arrivi a un cessate il fuoco. Vorrei ricordare, oltretutto, che noi abbiamo in Libano un grosso contingente nella missione dell’Unifil al confine tra il Sud del Libano e il Nord di Israele. Si tratta di mille soldati, impegnati in una delicatissima e apprezzatissima operazione di pace. Abbiamo anche un piccolo ma importante contingente a Beirut, e perciò siamo investiti direttamente in questa crisi. E lavoriamo per la stabilità».
Sembrano mancarne le premesse però.
«Sono essenziali alcuni fatti politici interni. Ci auguriamo che in Libano si riesca finalmente a eleggere il presidente della Repubblica e il presidente governatore della Banca centrale. Sarebbero, appunto, fattori di stabilità per quel Paese e per tutta l’area».
Questa nuova Commissione le piace?
«Mi piace tanto. Apprezzo le scelte equilibrate di von der Leyen e vedo che il perno centrale di questa Commissione è il partito popolare europeo. Direi che c’è stato, nella scelta di Raffaele Fitto come vice-presidente esecutivo, il riconoscimento del lavoro fatto dall’Italia. E mi pare che il programma di von der Leyen, l’indicazione delle persone giuste per realizzarlo e dei portafogli a loro attribuiti vadano nel senso di un pragmatismo e non di un fondamentalismo, per esempio per quanto riguarda la lotta al cambiamento climatico. Non aver concentrato tutta la materia del green deal e del cambiamento climatico in un solo commissario dimostra grande equilibrio e fa ben sperare per le scelte future che giustamente dovranno tenere conto della questione sociale e del tema dell’economia reale. L’impronta popolare europea, con 15 commissari del Ppe compresa Ursula, significa una strategia di concretezza su tanti temi».
La svolta che si annuncia è sull’immigrazione, argomento che sta particolarmente a cuore all’Italia. E’ così?
«Mi pare proprio di sì. Ci saranno politiche più rigorose in questo ambito. Anche la decisione di avere un commissario per il Mediterraneo racconta di un interesse di questa commissione che non guarda per lo più al Nord Europa e che quindi non è sbilanciata. Ci si rivolge finalmente anche al Sud del continente. E voglio dire un’altra cosa: per la prima volta c’è un commissario alla difesa».
Che cosa significa questo: vuol dire che abbiamo capito di essere un continente in guerra e non fingiamo di vivere in un mondo che non c’è più?
«Il senso di questa scelta molto importante è che abbiamo deciso di andare avanti nel percorso di costruzione di una difesa comune europea. La commissione dimostra così di essere al passo con i tempi e con i nuovi pericoli geopolitici e militari».
Che atteggiamento dovrà avere la sinistra italiana rispetto a Fitto? Votarlo o bocciarlo dopo le audizioni?
«Mi auguro che il Pd abbia la stessa condotta che Berlusconi ebbe rispetto a Gentiloni, quando venne indicato come commissario. Non soltanto lo sostenne con il voto di Forza Italia, ma partecipò personalmente da eurodeputato, anche se non faceva parte delle commissioni economiche, alle audizioni di Gentiloni. Fu un modo per segnalare che l’intero sistema italiano voleva sostenere il nostro commissario, al netto della sua casacca politica. Elly Schlein dovrebbe comportarsi così. Facendo sentire che c’è tutto un Paese che si riconosce nella funzione di Fitto. Anche Conte e gli altri leader della sinistra dovrebbero manifestare questo atteggiamento di patriottismo italiano ed europeo».
Non teme invece che il Pd possa opporsi?
«Sono convinto che non sarà così. L’interesse nazionale deve sempre prevalere sull’interesse di partito».
Non si fa che dire che l’Ursula bis sia destrorso e che giochi su due forni. Lo pensa anche lei?
«Penso che la nuova Commissione sia espressione del voto dei cittadini. I quali, ovunque, hanno premiato i partiti aderenti al Ppe che sarà, infatti, centrale nella legislatura appena cominciata».
Non è strano che FdI, partito che ha votato contro Ursula, venga premiato con la poltrona a Fitto?
«Fitto non partecipa alla Commissione Ue in quanto dirigente di FdI ma in quanto indicato dal governo italiano, il cui secondo partito maggiore è Forza Italia che è parte integrante del Ppe».
E i due forni?
«Non va demonizzato questo aspetto. Non esistono maggioranze prefigurate in Europa. Si vota di volta in volta. E come s’è dimostrato da quando c’è l’Europa, le maggioranze in Commissione, in Consiglio e in Parlamento sono sempre variabili. Per quanto mi riguarda, ho sostenuto fin dall’inizio che doveva crearsi una maggioranza flessibile: con popolari, socialisti, liberali, conservatori. E senza l’estrema destra e l’estrema sinistra. Von der Leyen è stata bravissima e ha rispettato il risultato elettorale».
L’Italia in Europa ora sarà più forte viste le difficoltà politiche ed economiche di Francia e Germania?
«Sarà forte il nostro Paese per i risultati ottenuti da questo governo. Noi non facciamo mai il tifo contro. Se Germania e Francia non hanno buoni risultati economici e di governo, ne risente anche l’Italia. Perché siamo parte integrante del grande mercato unico europeo».
Fitto non ha ottenuto la delega all’economia. Delusione?
«Nel suo portafoglio, c’è una parte importante dell’economia. Oltre ad avere la delega sulla coesione e sul Pnrr, coordina da vice-presidente esecutivo una parte importante del bilancio comunitario e dell’economia reale, a cominciare dall’agricoltura. Possiamo essere soddisfatti».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il punto del direttore, ogni Lunedì alle 17
Iscriviti e ricevi le notizie via email