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il legame tra le cugine torna sotto la lente dei pm


Lo «splendido» rapporto tra Stefania Cappa e la cugina Chiara, l’insofferenza della sorella Paola per la convivenza forzata con la famiglia Poggi dopo l’omicidio e il sequestro della villetta di via Pascoli, lo screzio tra Stefania e lo zio. La vita dei Poggi e dei Cappa scorreva più o meno tranquilla prima del 13 agosto 2007, quando l’omicidio di Chiara ha cambiato tutto. E ora le due gemelle, mai indagate e con un alibi verificato, sono nell’elenco delle dodici persone che dovranno sottoporsi al tampone per confrontare il loro dna con le tracce biologiche sui reperti raccolti sul luogo del delitto.

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È il 7 febbraio 2008 quando una delle testimonianze di Stefania Cappa viene raccolta dal pm Rosa Muscio. «Negli ultimi tempi avevo un rapporto stupendo con Chiara, oltre al legame di parentela eravamo diventate molto amiche. Intendo nel periodo successivo a maggio 2007, quando è finita la relazione con il mio ex fidanzato. Abbiamo cominciato a parlare delle nostre vite private». Chiara manifesta premura per la cugina, come dimostra il messaggio che le invia il 19 luglio: «Se vuoi fare due chiacchiere quando vuoi basta un colpo di telefono. Baci Chià». In quel periodo Stefania va in via Pascoli quasi tutti i giorni, verso le tre e mezza del pomeriggio tornando dalla piscina, «per fumare una sigaretta e parlare un po’». Le cugine si confidano: «Chiara mi raccontava del suo amore per Alberto e del loro comune progetto di diventare manager. Per quanto concerne il lavoro, mi raccontava che aveva avuto un brutto rapporto con l’ex capo di lavoro nella ditta di Pavia e che invece nel nuovo posto si trovava molto bene, si aspettava di avere un contratto a tempo indeterminato dopo l’estate. In questo periodo Chiara frequentava solo me e il suo fidanzato. Non sono mai uscita con la loro compagnia».

Barca in vendita

Le giornate della ventiseienne passano «tra visite alla nonna, qualche volta la spesa, gli incontri con me il pomeriggio, mentre era fisso che si vedesse con Alberto la sera». Paola Cappa, in quei giorni, è ricoverata per una frattura. «Chiara è venuta con me un sabato pomeriggio e un’altra volta con i miei zii Poggi. In quell’occasione ho avuto una piccola discussione con mio zio, penso su come trattassero Paola in ospedale. Io avevo alzato un po’ la voce e mio zio mi aveva ripreso. Dell’episodio ne abbiamo parlato anche quando i suoi genitori erano partiti per le vacanze. Chiara diceva che non avrebbe potuto rispondere allo stesso modo a suo padre». L’ultima volta che Stefania vede la cugina viva è il 10 agosto, il 12 agosto parlano al telefono e si danno appuntamento per il giorno successivo: «Non ricordo a che ora ci siamo sentite, certamente prima delle quindici perché poi, fino alle 19,30, sono stata in turno alla Croce Garlaschese». La mattina dell’omicidio è nitida nella sua memoria. Riferisce ciò che ha fatto e gli spostamenti, prima lo studio e poi la piscina. «Verso le 15, mentre ero sotto la doccia, ho sentito urlare. È arrivata mia madre spalancando la porta e dicendo: “Chiara è morta”. Io pensavo a uno shock anafilattico perché era allergica a determinati latticini. Mi sono infilata un paio di jeans e una maglietta e ho preso la macchina per andare da Chiara, con me è venuta Paola. Mia mamma mi ha anche dato le chiavi di casa. Io non sapevo che le avesse, ma ero al corrente che quando andavano in vacanza gli zii chiedevano ai miei genitori di innaffiare le piante in giardino». Nel verbale Stefania spiega anche di seguire l’inchiesta su Alberto Stasi «leggendo i giornali e ho appreso che il perito Marzio Capra ha detto che l’arma del delitto potrebbe essere un taglierino per sciogliere i nodi da marinaio. Su internet ho trovato il link di un sito che riguarda la vendita online di barche e ho visto che c’era un’offerta di vendita di una barchetta da parte di Nicola Stasi», stesso nome del padre di Alberto, «ed era indicata la mail e il numero di cellulare di Nicola Stasi. Solo dopo avere letto dell’ipotesi del dottor Capra ho ricollegato le due cose».

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