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date e orari. Verso il via libera alle gare Ue


Balneari sul piede di guerra per la mancanza di certezze sul futuro delle concessioni. Il prossimo 9 agosto partiranno gli scioperi in tutta Italia, con ombrelloni chiusi in quella giornata per 2 ore, che potrebbero salire a quattro lunedì 19 e arrivare a sei o otto ore il 29 agosto. Stando alle regole attuali, dopo vari rinvii e interventi giurisprudenziali, a gennaio dovrebbero partire le gare aperte a tutti gli operatori europei, in applicazione della direttiva Ue Bolkestein, ma ancora non è chiaro dove e come. Secondo il Consiglio di Stato la legge si applica laddove «la risorsa è scarsa», ma questo non può corrispondere a quel 19% delle coste individuato da un monitoraggio del governo a fine 2023.

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I balneari, a partire dal presidente di Sib-Fipe Antonio Capacchione, chiedono all’esecutivo di chiarire, anche con un parere dell’Avvocatura dello Stato, dove si applica la direttiva e poi aiuti per le 30mila aziende che lavorano sulle spiagge. La tesi è che sarebbe meglio applicare la cosiddetta “legge Draghi” che prevedeva indennizzi a chi perde la concessione, piuttosto che continuare nell’incertezza. Anche perché per preparare le gare i Comuni devono avere regole chiare entro fine ottobre. Secondo la Corte di Giustizia Ue, però, alcune opere come spogliatoi, piscine e bar, possono essere acquisite dallo Stato senza rimborsi.

LE OPZIONI

L’esecutivo aveva sul tavolo un decreto cosiddetto “salva infrazioni” per provare a schermare la questione balneari dalle procedure Ue e magari procedere con una nuova proroga delle concessioni in attesa di trovare la quadra con la prossima Commissione Ue. Ma la questione si intreccia con la trattativa per far assegnare da Ursula von der Leyen all’Italia un commissario di peso. La premier Meloni vorrebbe il ministro Raffaele Fitto con un portafoglio economico. Tutto, quindi, è rimandato a settembre. Al momento, comunque, le opzioni sul tavolo dell’esecutivo sono solo due. La prima è partire con gare e indennizzi (opzione su cui spingono le opposizioni, per non favorire quella che chiamano la «lobby dei balneari»), magari limitando il più possibile il numero di gare con un chiarimento tecnico. La seconda è portare la questione di fronte alla Corte Ue e prendere tempo, ma con il rischio che poi arrivi un giudizio sfavorevole.

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