Un ingrediente del dentifricio, il pigmento blu — quello che crea l’effetto sbiancante sui denti — diventa indispensabile anche nella nuova frontiera dell’elettronica organica edibile, utilizzato per creare il componente di base dei circuiti: il transistor. È una delle ultime invenzioni del gruppo di ricerca dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Milano: il dispositivo potrà servire per costruire le pillole smart del futuro, quelle che una volta ingerite “leggeranno” i parametri del nostro organismo. Ne abbiamo parlato con Elena Feltri, prima autrice dell’articolo e parte del team di ricercatori che lo scorso anno ha inventato la batteria edibile, definita dal Time tra le migliori invenzioni del 2023.
Come nasce l’idea di investire le vostre energie su un dentifricio?
«Lavorando al progetto “Elfo” sull’elettronica edibile, abbiamo riscontrato che uno degli ostacoli principali è la carenza di conduttori. Una collega, Alina Sharova, ha iniziato a cercare qualcosa di non convenzionale nell’area di ciò che mangiamo. E lo ha scovato nel pigmento blu, già noto per essere un semiconduttore. Quando ci laviamo i denti circa un milligrammo del pigmento viene ingerito, e non è tossico per l’organismo, come conferma un team di dentisti dell’Università di Novi Sad in Serbia. E così lo abbiamo inserito tra i nostri dispositivi».
Quali sono le caratteristiche di questo pigmento blu, che lo rendono così interessante per la ricerca?
«Il pigmento blu, che in realtà si chiama ftalocianina di rame, è un materiale sintetico presente nel mercato dei dentifrici da almeno 15 anni. È usato come sbiancante perché fa apparire un dente ingiallito più bianco, per il tempo in cui permane sulla superficie dentale. Un aspetto interessante è che la struttura chimica del pigmento, che favorisce una conduzione di carica all’interno dei cristalli, permette di usare la ftalocianina anche come semiconduttore in applicazioni di elettronica organica. Inoltre non è solubile in acqua, quindi è adatto per restare all’interno del tratto gastrointestinale».
Qual è il ruolo del semiconduttore all’interno della vostra ricerca?
«Il semiconduttore è uno dei tre elementi base per creare il transistor, cioè il circuito che si trova anche negli elettrodomestici, nei cellulari e nei computer; poi c’è il conduttore, per il quale usiamo argento e oro. Sono già approvati come “cibo”, tanto che vengono usati nelle guarnizioni in pasticceria. E ancora gli isolanti presenti in natura, come l’etilcellulosa o il chitosano. Abbiamo calcolato che, con la quantità di pigmento blu ingerito giornalmente, potremmo realizzare 10 mila transistor».
Lei fa parte del gruppo di ricerca di Mario Caironi, che lo scorso anno ha inventato la batteria edibile. A che punto siete col progetto?
«L’obiettivo è arrivare a una pillola edibile che possa contenere diverse parti al suo interno, dalle più semplici come il transistor a quelle più complesse come i sensori, in grado di rilevare Ph, temperatura, pressione, solo per fare qualche esempio. Gli step successivi saranno mettere insieme tutti i piccoli pezzi singoli all’interno di una stessa pillola; ogni gruppo di ricerca sta sviluppando una parte diversa, con l’obiettivo finale di dimostrare che tutti insieme funzionano».
Non esistono pillole con componenti elettroniche edibili?
«Esistono pillole ingeribili che non sono fatte di materiali edibili, dotate di radiofrequenze che permettono di leggere i parametri trasmessi all’esterno, che servono per applicazioni diagnostiche del tratto gastrointestinale. Ma queste pillole hanno una percentuale di rischio di ritenzione, perché i materiali di cui sono composte non si degradano all’interno del corpo. Noi vorremmo sviluppare una pillola che non esiste, che fornisca informazioni diagnostiche e venga digerita senza problemi».
Come potrebbe comunicare con l’esterno?
«Al momento siamo ancora nella fase di sviluppo dei circuiti e dei sensori separati, quindi lontani da un prototipo integrato, ma la trasmissione dell’informazione probabilmente sarà legata a cosiddetto “’internet delle cose”. Stiamo lavorando a un canale per fare arrivare l’informazione all’esterno, usando la capacità del corpo di condurre segnali elettrici. Possiamo immaginare un cerotto intelligente che riceva il segnale della pillola e lo invia direttamente al medico di base».
Che dimensioni ha il prototipo?
«Attualmente non parliamo di nanodispositivi, ma di millimetri: il transistor misura circa 1,5 mm per lato. Le dimensioni nanometriche non sono un nostro obiettivo, ma sicuramente dovrà essere miniaturizzato per essere parte di una pillola».
Queste pillole del futuro, che vantaggio potrebbero offrire?
«Immaginando che saranno disponibili tra 10/15 anni, potrebbero cambiare l’approccio verso tecniche ospedaliere più invasive e che richiedono una supervisione. La pillola edibile potrebbe essere ingerita anche a casa, perché non crea alcun rischio per la salute e potrebbe alleggerire il carico sugli ospedali. Avrebbe anche dei costi più bassi, perché viene prodotta con processi di stampa a basse temperature, lavorando con cibo e materiali low cost che rendono l’elettronica organica più conveniente, ovviamente se prodotta su larga scala».
Lo scorso anno, il Time ha definito la batteria edibile una delle invenzioni più importanti del 2023. Grande soddisfazione del vostro gruppo?
«Sì, gli autori principali della batteria sono stati Ivan Ilic e Valerio Galli. Si tratta di una batteria ricaricabile fatta con materiali derivati dal cibo, estratti dalle mandorle, dai capperi e dall’alga. Funziona molto bene, è facilmente riproducibile e può essere ricaricata per molti cicli».
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