Ministro Nordio, dopo le dimissioni del governatore Giovanni Toti, crede che l’indagine di Genova sia un nuovo caso di giustizia a orologeria come accusa la maggioranza?
«L’espressione giustizia a orologeria non mi è mai piaciuta e non la condivido. Insisto invece nell’affermare che chi è legittimato da un voto popolare non ha solo il diritto, ma il dovere di restare in carica anche se sottoposto a un’indagine, che come tante altre può pure rivelarsi infondata. In caso contrario, devolveremmo alla magistratura il potere di condizionare la politica, cosa che purtroppo è accaduta con tangentopoli, e anche dopo. Naturalmente posso comprendere che lo stress cui è sottoposto un indagato possa condurlo a scelte diverse. Ma questa è una sconfitta della democrazia, fondata sulla separazione dei poteri».
Trova anomala l’applicazione delle misure cautelari al governatore?
«Diciamo che sono perplesso quando una misura cautelare viene applicata dopovari anni di indagine e soprattutto quando è “à petits paquets”, cioè con provvedimenti successivi a breve distanza l’uno dall’altro».
Invierà ispettori alla procura di Genova?
«Attualmente non c’è nessuna iniziativa in tal senso».
Il rapporto sullo Stato di diritto della Commissione europea spiega che l’abrogazione dell’abuso d’ufficio potrebbe intralciare le indagini in materia di frode e corruzione. Cosa rispondete?
«Rispondo che, in buona o in mala fede, qui è stata creata un’incredibile confusione. Vediamo i fatti. A Maggio del 2023 la Commissione aveva “proposto” un pacchetto di norme per rafforzare la lotta contro la corruzione. Nella versione originaria essa conteneva “un obbligo di mantenere l’abuso di ufficio, sulla base di un’errata interpretazione delle convenzioni internazionali, che lasciavano agli Stati “facoltá” di introdurre questo reato. Tant’è che il nostro Parlamento tre mesi dopo quella proposta l’ha respinta. E la presidenza del Consiglio Ue ha accolto la formula “May”, (lo Stato “Può” prevedere il reato di abuso). Il 14 Giugno scorso tutti gli Stati del Consiglio Giustizia e Affari interni hanno votato a favore della nostra formula. Hanno riconosciuto il merito dei nostri sforzi nella lotta, quella vera, alla corruzione. Di conseguenza nelle 6 raccomandazioni finali fatte all’Italia, tante quante quelle rivolte alla Germania, non si fa alcun cenno alla necessità di mantenere questo reato che finalmente è stato eliminato, dopo aver prodotto danni incalcolabili. Mi lasci anche aggiungere che la Commissione ci ha riconosciuto il titolo di Stato Membro primo nel parametro valutativo dell’efficacia nel raggiungimento dei risultati».
L’Ue include l’Italia tra i Paesi in cui «governi e politici» possono «influenzare la fiducia nell’indipendenza della magistratura». Non è questo il rischio della riforma per la separazione delle carriere?
«Questo poi è proprio ridicolo. Mezza Europa ha le carriere separate, e in Francia il Pm è addirittura alle dipendenze del potere esecutivo. Per non parlare dei Paesi dove è nata la democrazia, a cominciare dalla Gran Bretagna e dagli Usa dove il problema nemmeno si pone e quando glielo spieghiamo ci guardano increduli, o ci ridono dietro. È davvero incredibile che simili sciocchezze continuino a circolare».
La Commissione sostiene che la riforma della prescrizione potrebbe ostacolare i processi in materia di corruzione. È cosí?
«No. La normativa attuale sulla prescrizione risponde al principio costituzionale della ragionevole durata del processo. Se nell’arco di oltre un decennio non si riesce a definirlo, l’inerzia o gli errori degli investigatori o dei magistrati non possono ricadere sui cittadini».
La Consigliera del Csm Rosanna Natoli si deve dimettere?
«Non posso e non intendo entrare nel merito di una questione così delicata. Peraltro pare che siano state presentate delle denunce dalla stessa Natoli. Naturalmente, nei limiti delle nostre competenze, seguiamo la vicenda con grande attenzione».
Forza Italia chiedeva misure più energiche per superare l’emergenza sovraffollamento nelle carceri. Perché avete detto no?
«Non è così. Forza Italia non ha chiesto una riduzione lineare e noi non abbiamo detto no. Siamo tutti d’accordo che il sovraffollamento carcerario è un problema da affrontare con raziocinio. Una liberazione anticipata, motivata dalla mancanza di posti, non sarebbe un gesto di generosità e di pacificazione, come l’amnistia di Togliatti del dopoguerra. Sarebbe una resa, che comprometterebbe l’intero sistema penale. A parte che gli arresti e le liberazioni sono prerogativa della magistratura, e non nostra, perché si dovrebbero arrestare gli autori del reato, sottoporli a un lungo e costoso processo, se poi dobbiamo dire che, per impotenza, li dobbiamo liberare? Del resto l’ esperienza ci dimostra che dopo queste liberazioni anticipate il problema si ripropone entro poche settimane, proprio perché l’incertezza della pena ne elimina l’effetto dissuasivo».
Che fare allora?
«Come ho detto, il problema va affrontato con razionalità. Oggi oltre il 20 per cento dei detenuti è in attesa di giudizio definitivo, circa la metà viene assolto o condannato a una pena sospesa. Questo significa che non sarebbero mai dovuti entrare in prigione. Poi gli stranieri: son quasi la metà di detenuti, in maggioranza extracomuntari. Noi stiamo lavorando giorno e notte per accordarci con gli stati di provenienza per far scontare la pena a casa loro. Infine i tossicodipendenti, molti dei quali sono malati da curare più che criminali da punire. Per loro la pena può esser scontata in strutture protette, non necessariamente carcerarie. Il recente decreto carceri va in tutte queste direzioni».
Ha letto la lettera inviata dai detenuti del carcere di Brescia? Che effetto le ha fatto sapere che degli esseri umani debbano vivere in condizioni così disumane?
«Certo che l’ho letta. Avendo fatto per 40 anni il pm, avendo contribuito a incarcerare centinaia di persone passando giorni e notti di interrogatori dietro le sbarre conosco quel mondo, fatto di dolori, di isolamento, di disperazione e purtroppo anche di suicidi. Carnelutti insegnava che la spada della giustizia è senza elsa, perché ferisce anche chi la impugna, cioè lo Stato. Più di una volta mi sono svegliato pensando alle persone che avevo privato della libertà. Oggi non siamo noi a decidere di questa limitazione, che è compito dei miei ex colleghi. Facciamo di tutto per renderla più umana, e monitoriamo quotidianamente le situazioni di rischio. Purtroppo il suicidio è un evento imprevedibile, che paradossalmente avviene più nell’isolamento che nella promisicuità. Il sostegno psicologico e il controllo della polizia penitenziaria sono essenziali: abbiamo stanziato fondi per il primo, e assunto nuovo personale per la seconda. C’è ancora molto da fare. Lo sappiamo. Ma continuo a dire che questo problema dannatamente complesso non si risolve invocando generici provvedimenti svuotacarceri.
Come riformerete l’uso del Trojan?
«Questo ora non lo posso dire. Certo è uno strumento così invasivo che va limitato ai reati che mettono in pericolo la sicurezza dello Stato e l’incolumità pubblica, come terrorismo e mafia. Per il resto bisogna intervenire con cautela, rispettando l’articolo 15 della Costituzione che garantisce la riservatezza delle comunicazioni».
È in arrivo una nuova riforma dei reati contro la Pubblica amministrazione?
«Lo faremo con una riforma più organica, e mantenendo sempre alta la guardia contro la corruzione e le altre forme di illecito arricchimento».
Di recente attivisti di Casapound hanno aggredito un giornalista. Ritiene ci siano gli estremi per sciogliere movimenti estremisti di questo tipo?
«Non entro in decisioni che tra l’altro non sarebbero di mia competenza . Posso solo dire che la violenza è sempre odiosa, ma lo è ancor di più quando è commessa su un giornalista e in nome di un’ideologia condannata dalla storia, che ha portato il nostro Paese alla guerra e alla rovina».
Si immagina un futuro fuori dal governo e la politica?
«Naturalmente sì. Starò di più in famiglia, riprenderò le mie letture, la musica e, se la salute regge, lo sport. Ma poiché confido di restare fino alla fine della legislatura per portare a termine le riforme, queste lusinghiere prospettive sono lontane».
È circolata la voce di un suo possibile approdo alla Corte costituzionale.
«Sono voci fantasiose. Tra l’altro, non credo nemmeno di averne i requisiti».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA