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approvata la riforma. Straordinari detassati e studi aperti anche di sera


Il decreto sulle liste d’attesa è legge. Dopo l’approvazione in Senato, ieri c’è stato il via libera della Camera con 171 sì e 122 no. La maggioranza parla di riforma epocale perché va ad aggredire un problema cronico della sanità italiana che costringe molti cittadini ad aspettare tempi inaccettabili per un esame o una visita, oppure a rivolgersi a proprie spese al privato, se non addirittura a rinunciare a curarsi. L’opposizione ribatte: sono scelte inutili contenute in un decreto che venne approvato dal governo quattro giorni prima delle elezioni, servirà a poco perché non ci sono risorse. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, difende il provvedimento: «Dopo avere portato il fondo sanitario al suo livello più alto di sempre, compiamo oggi passi importanti per garantire il diritto alla salute dei cittadini». Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, forte dei sondaggi che lo danno tra i componenti del governo più apprezzati e che rilevano un sostegno al provvedimento dell’86 per cento, ripete: «Ci sono risposte concrete e non ci sono regali ai privati». Ma la leader del Pd, Elly Schlein, attacca: «Solo fuffa. Non si possono abbattere le liste di attesa senza mettere un euro e senza assumere personale». Dal centro, Davide Faraone (Italia Viva) osserva che è un problema serissimo, con «10 milioni di prestazioni arretrate». Il responsabile nazionale Welfare di Azione, Alessio D’Amato, ironizza: «La montagna ha partorito il topolino», mentre il leader Carlo Calenda attacca Giorgia Meloni: «Il fondo sanitario è tutti gli anni “il più alto di sempre” peccato che l’aumento non copre neppure l’inflazione. Il decreto è privo di risorse. Quando un cittadino cercherà di prenotare una Tac se ne accorgerà. Prendere in giro gli italiani sulla salute è inaccettabile». Pierino Di Silverio, segretario nazionale del sindacato dei medici ospedalieri Anaao: «La nostra mobilitazione continua, questo decreto non risolve i problemi».

Liste d’attesa, c’è il sì della Camera: è legge. Cos’è e come funziona la nuova piattaforma nazionale per monitorare i tempi delle prestazioni

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Cosa c’è nel decreto? Prima di tutto, si vuole superare il caos cronico perché nessuno conosce realmente quale sia la situazione in ogni regione. Sarà realizzata una piattaforma nazionale per controllare i tempi di attesa, asl per asl, ospedale per ospedale, e intervenire laddove si stia violando la legge perché il paziente deve aspettare un tempo eccessivo. Viene istituito un Cup regionale (centro unico di prenotazione) in cui devono esserci tutte le agende, vale a dire tutti i posti disponibili per visite, analisi ed esami, sia delle strutture pubbliche sia del privato convenzionato (in alcune regioni già esiste). Per tagliare le liste di attesa, che si sono allungate durante la pandemia, si punta a tenere aperti ambulatori e laboratori anche nelle ore serali e nei fine settimana. Per questo al personale vengono garantiti straordinari più ricchi grazie a una tassazione più bassa. E sempre sul fronte del personale, dal 2025 spariscono i tetti che limitavano assunzioni di medici e infermieri. Al paziente dovrà essere garantita (nei tempi previsti a seconda della urgenza delle prestazioni) una risposta. Se la struttura pubblica è in affanno, si potranno acquistare a carico del servizio sanitario prestazioni aggiuntive o in intramoenia (dunque all’interno degli ospedali) o dal privato convenzionato. Nei giorni scorsi c’era stata tensione con le Regioni perché il decreto prevedeva una forma di controllo e intervento del Ministero della Salute in caso di inadempienze delle Asl. Secondo la conferenza delle Regioni questo non rispettava le competenze degli enti locali. Prima del passaggio in Parlamento è stata trovata una mediazione: saranno le Regioni a controllare le aziende sanitarie, ma anche il Ministero della Salute potrà intervenire se sarà necessario.

Più nel dettaglio si legge nell’articolo 2: «S’istituisce presso il Ministero della Salute l’Organismo di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria, che opera alle dirette dipendenze del ministro della Salute e svolge tutte le funzioni già attribuite al predetto Sistema». Il Ministero potrà avvalersi dei Nas dei carabinieri per «esercitare il potere di accesso presso le aziende e gli enti del servizio sanitario nazionale, le aziende ospedaliere universitarie e policlinici universitari, gli erogatori privati accreditati nonché presso tutti gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, anche se trasformati in fondazioni». Commenta il presidente della Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere, Giovanni Migliore: «La piattaforma nazionale è sicuramente un passo avanti, ma non basta. È necessario lavorare con più determinazione per migliorare l’appropriatezza delle richieste di visite ed esami specialistici». Giuseppe Milanese (presidente Confcooperative Sanità): «Bene il decreto, ma va affrontato il problema della mancanza dell’assistenza primaria».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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