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Negli ultimi 40 anni la temperatura media annua del Mediterraneo è aumentata di circa 1,7 gradi. Lo storico ma re nostrum sta vivendo una crisi senza precedenti a causa del riscaldamento delle sue acque, accelerato dai mutamenti climatici. Questo fenomeno rappresenta «uno dei fattori più preoccupanti per la salute del Mediterraneo e per la sopravvivenza della sua fauna marina. Tra le specie a rischio anche molti pilastri della tradizione enogastronomica italiana, come le cozze, le vongole e i ricci che, se esposti a temperature superiori ai 30 gradi per alcuni giorni, fanno registrare morie di massa», con conseguenze drammatiche non solo per l’ecosistema, ma anche per l’economia legata alla pesca e alla ristorazione. A fare luce su questa emergenza è la Fondazione Marevivo, che da anni monitora con attenzione la situazione.
I rischi — Negli ultimi anni si sono registrate «stragi di fauna marina, con rilevanti ripercussioni economiche, ambientali e sociali». Un dato altrettanto inquietante riguarda «l’invasione delle specie aliene». Sono oltre mille quelle riscontrate finora nel Mediterraneo, un fenomeno aggravato dall’apertura e dall’ampliamento del Canale di Suez, che collega il Mar Rosso al Mediterraneo. «Si pensi all’invasione del Granchio Blu, una specie prima inesistente nel Mare Nostrum», spiega Marevivo. Queste specie esotiche, spesso più aggressive e adattabili, minacciano la biodiversità autoctona, alterando ecosistemi e paesaggi sottomarini, con effetti a catena che possono compromettere l’equilibrio naturale della regione.
Un mare caldo — Il Mediterraneo è un mare unico al mondo, non solo per la sua storia millenaria e la sua ricchezza culturale, ma anche per la sua biodiversità. Non solo «crocevia di civiltà», questo mare è anche un habitat fondamentale per migliaia di specie animali e vegetali. La sua posizione geografica lo rende particolarmente vulnerabile ai cambiamenti climatici e all’azione dell’uomo. Il riscaldamento globale, insieme a fattori quali l’inquinamento e la pesca eccessiva, sta trasformando questo mare da un ecosistema rigoglioso a un ambiente sempre più fragile e a rischio. «I dati scientifici — sottolinea la Fondazione Marevivo — sono chiari: il mantenimento della biodiversità è lo strumento più efficace nella lotta ai cambiamenti climatici, poiché rende gli habitat più resistenti nel contrasto agli effetti deleteri della crisi climatica». Proprio per questo, Marevivo invita a intensificare gli sforzi per la protezione del mare, promuovendo la costituzione di nuove Aree Marine Protette e l’espansione di quelle già esistenti, impegno richiesto anche dall’Unione Europea, avendo l’impegno di proteggere il 30% dei mari entro il 2030. Oltre a questo, Marevivo chiede la ratifica di un Accordo Internazionale sulla Biodiversità per salvaguardare l’ecosistema marino, proposta già avanzata durante la Terza Conferenza delle Nazioni Unite sugli Oceani (Unoc3) tenutasi a Nizza.
Il Mediterraneo, mare di storia, cultura e vita, è diventato una sorta di osservatorio critico per la lotta ai cambiamenti climatici. La sua tutela è indispensabile, non solo per l’ambiente, ma anche per le comunità che dipendono da esso. Preservare questo mare significa proteggere un patrimonio unico, trait d’union tra continenti e generazioni.
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