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Tre settimane fa, Ursula Von Der Leyen ha superato la mozione di sfiducia presentata dalle destre (e votata anche da parte della sinistra radicale) per lo scandalo Pfizergate. Quella mozione era diventata la cartina di tornasole della spaccatura interna alle istituzioni europee, soprattutto della crescente opposizione delle forze progressiste alla Commissione a guida Von Der Leyen. La sfiducia non è passata perché la maggior parte della sinistra ha scelto di non votare insieme alla destra dei conservatori e dei sovranisti. Ma una nuova tempesta si profila all’orizzonte, e questa volta arriva proprio dalle file del campo progressista.
«Alleanza Verdi Sinistra con i suoi sei europarlamentari sta lavorando alla presentazione, insieme ad altre forze progressiste, di una mozione di sfiducia nei confronti di Von Der Leyen. Come sempre senza mischiare i nostri voti a quelli delle destre fasciste e xenofobe dell’eurocamera», hanno dichiarato i leader di Sinistra Italiana e Europa Verde, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli. «L’Europa guidata da Ursula Von Der Leyen non è l’Europa che vogliamo».
Il passo falso dei dazi
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è soprattutto il recente accordo tra Trump e Von Der Leyen su dazi Usa al 15% sui prodotti europei.
L’impegno Ue, oltre a tariffe generiche più alte rispetto allo sperato 10%, prevederebbe anche investimenti importanti sull’economia degli Stati Uniti e accordi preferenziali per l’acquisto di gas, petrolio e armi.
Il condizionale, però, è d’obbligo: Trump considera vincolante l’impegno per l’acquisto di 750 miliardi di dollari di armamenti e combustibili americani entro il 2028, così come i 600 miliardi aggiuntivi che l’Ue dovrebbe investire nell’economia Usa. Ma i singoli Stati europei non hanno confermato.
Le nuove tariffe dovrebbero essere attive «a partire dall’8 agosto», hanno fatto sapere da Bruxelles, anche se le trattative per singole categorie di prodotti (come vino, superalcolici e agroalimentari) sono ancora in corso. Ma qualcuno dall’Europa inizia già a chiamarsene fuori. La prima è l’Ungheria di Viktor Orban, che ha dichiarato: «Von Der Leyen ha fatto accordi su questioni al di fuori delle sue competenze. Bruxelles non ha mai acquistato un solo metro cubo di gas, lo fanno gli Stati membri. Non l’ho autorizzata a negoziare per l’Ungheria».
Una sfiducia più ampia
Per la sinistra radicale in Parlamento, l’accordo sui dazi è la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso. L’accusa dei rossi alla Commissione è quella di aver portato avanti politiche sempre più di destra (quando non di ultra-destra), venendo meno ai patti e all’agenda politica della coalizione progressista che la sostiene.
Il Partito Popolare Europeo (Ppe), prima forza politica del Parlamento europeo capeggiata dal partito di Von Der Leyen, ha votato ripetutamente con l’estrema destra per eliminare o modificare sezioni del Green Deal e favorire le politiche anti-immigrazione care ai sovrasti. Aveva fatto scandalo il voto con l’ultradestra di Alternative für Deutschland (Afd) a favore di emendamenti per i rimpatri e la costruzione di «barriere fisiche alle frontiere Ue».
Non meno importante è l’accusa di attendismo sulla questione Gaza, in particolare la mancata sospensione dell’Accordo di Associazione UE-Israele, nonostante la violazione delle clausole sul rispetto dei diritti umani da parte dello Stato ebraico.
Verso la mozione di sfiducia
L’appello all’Eurocamera per sottoscrivere una nuova mozione di sfiducia è arrivato dalla delegazione di eurodeputati di France Insoumise, la sinistra francese. La capodelegazione e copresidente del gruppo politico The Left (Sinistra europea), Manon Aubry, ha scritto su X: «La Commissione europea ha accettato di diventare vassalla degli Stati Uniti di Donald Trump. Ma la nostra delegazione si oppone. Proponiamo agli altri gruppi della sinistra di presentare insieme una mozione di censura per far cadere la Commissione Von Der Leyen».
Per arrivare a un nuovo voto di sfiducia in aula dopo la pausa estiva, la Sinistra (con 46 deputati in Parlamento) avrà bisogno dell’appoggio esterno dei Verdi o dei Socialisti per raggiungere le 71 firme richieste. Per essere vincolante, il parere negativo sull’operato della Commissione – cosiddetta «mozione di censura» – avrebbe poi bisogno della maggioranza di due terzi dei voti espressi e della metà più uno di tutti i membri che compongono il Parlamento, inclusi gli assenti.
L’alleanza con i Greens (Verdi o Alleanza libera europea) sembra probabile, perlomeno sul fronte italiano. All’Eurocamera, i rappresentati di Avs sono presenti sia nel gruppo dei Verdi che nella Sinistra, accanto ai parlamentari del Movimento 5 Stelle che hanno votato in blocco a favore della scorsa mozione di sfiducia.
Ma l’obiettivo finale della sfiducia sembra complesso, e dipenderà in larga parte dalla partecipazione del secondo gruppo politico in Parlamento, quello dei Socialisti e Democratici (S&D). Che, però, nella mozione di luglio avevano scelto di schierarsi con la Presidente in cambio di garanzie sulla centralità del Fondo Sociale europeo nel prossimo bilancio Ue.
Lo Pfizergate
La richiesta di una nuova mozione si sfiducia arriva negli stessi giorni in cui la storica sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea sullo Pfizergate diventa definitiva. La Commissione ha lasciato scadere il termine per presentare ricorso: confermato, quindi, l’obbligo di fornire, a chi ne faccia richiesta, gli sms scambiati tra la Presidente e il Ceo di Pfizer per l’acquisto di 1,8 miliardi di dosi di vaccino per il Covid. Una trattativa finora segreta per la quale Von Der Leyen è stata duramente criticata. E continua a crescere la sua delegittimazione come leader alla guida dell’Europa.
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