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Vladimir Putin riceve al Cremlino l’ambasciatrice italiana Cecilia Piccioni


Squilli di tromba. Sullo sfondo le porte d’oro massiccio e i soffitti damascati della imponente Alexander Hall, la sala più sontuosa del Cremlino. Vladimir Putin tende una mano all’ambasciatrice italiana a Mosca Cecilia Piccioni. Stretta, saluti e larghi sorrisi dello “zar”.

È la prima funzionaria del governo italiano a incontrare di persona il presidente russo da quando ha scatenato la guerra in Ucraina. La prima in quasi tre anni. Ieri Putin ha ricevuto la diplomatica italiana, subentrata a Giorgio Starace lo scorso 16 luglio, che gli ha consegnato le credenziali insieme ad altri 26 diplomatici stranieri. Inviati di Paesi europei come Spagna e Danimarca, e poi Finlandia, Israele, Canada.

Quando il cerimoniale annuncia l’ambasciatrice italiana, subito dopo il diplomatico bielorusso, Putin irrompe in un sorriso. Attende Piccioni — che invece resta impassibile, composta — affiancato dal ministro degli Esteri Sergey Lavrov, un’altra delle menti della guerra di invasione in Ucraina, uno dei pochi vertici del governo russo uscito indenne, o quasi, da tre anni di conflitto.

«Non rivelo un segreto se dico che i nostri rapporti bilaterali sono al minimo», esordisce di fronte alla schiera di feluche in attesa di ricevere il cilindro con le credenziali, «la cooperazione internazionale su tanti temi è stata congelata». Finiti i convenevoli, scompare dietro le porte dorate aperte dalla guardia d’onore.

Per l’Italia la consegna delle credenziali non era scontata. A lungo a Roma si è temuto che le continue frizioni con Mosca rinviassero l’entrata in carica di Piccioni, rodatissima diplomatica. Per ultimo con il mandato di arresto spiccato dalle autorità russe contro i giornalisti italiani Simone Traini e Stefania Battistini. Ora invece la formalità c’è. E anche la prima, rigida stretta di mano di un funzionario italiano con lo zar russo.

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