Un sopravvissuto, nel senso letterale del termine. Questo è, con i suoi sedici anni compiuti qualche mese fa uno dei ragazzi che ha accoltellato a morte Cristopher Thomas Luciani, il diciassettenne ucciso domenica pomeriggio nel parco Baden Powell. Nel novembre del 2021, quando aveva appena tredici anni, infatti, il ragazzo tentò il suicidio dal Ponte del Mare. Precipitò sulla parte coperta dalla sabbia, evitando il cemento, e fu proprio quello a salvargli la vita.
Il coma, un lungo periodo in ospedale, la vicinanza della famiglia e poi la ripresa con l’iscrizione in un liceo della città. Le ragioni di quel gesto sono rimaste, giustamente, riservate. Ma con il vissuto di questi ultimi giorni sono un segnale, di quel disagio profondo su cui anche gli investigatori, coordinati dal vicedirigente della squadra mobile Mauro Sablone, insistono con particolare attenzione.
Il giorno dopo il fermo c’è attesa per due passaggi tecnici importanti: l’udienza di convalida, con l’esame del primo materiale probatorio, e l’esame del medico legale. Questa mattina, alle 11, la procura per i minorenni affiderà l’incarico al professor Cristian D’Ovidio, direttore della medicina legale dell’Università di Chieti-Pescara.
che già nella serata di domenica aveva effettuato una prima ricognizione sul corpo di Luciani, riscontrando i segni di venticinque colpi di coltello: dieci in sede dosale e 13 all’altezza del fianco destro. Da quell’esame devono arrivare molte risposte che potranno incastrarsi con le dichiarazioni di tutti i ragazzi coinvolti, anche solo come testimoni nella morte di Cristopher. Il ragazzo che, dopo qualche ora, ha prima parlato con i familiari (il padre è un ufficiale dei carabinieri) e poi avvertito le forze dell’ordine, ha fornito una serie di elementi che disegnano un quadro tanto preciso quanto terribile.
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A scaricare una prima serie di colpi è uno dei due ragazzi fermati. La vittima è già a terra, quando il testimone vede la scena. Mentre è lì impietrito il coltello passa di mano, ed è il secondo ragazzo a colpire. Più volte. La sequenza delle coltellate non è secondaria, in questo caso: sarà complesso infatti ricostruire quali ed eventualmente da chi siano stati scaricati i colpi mortali. C’è un altro elemento da valutare ed è terribile: bisognerà capire se quando il gruppetto si è allontanato per andare al mare Cristopher Thomas fosse ancora vivo, nonostante il numero delle ferite, e se una telefonata tempestiva avrebbe potuto, anche solo ipoteticamente, salvarlo. Perché tutti e sei i ragazzi sapevano cosa era successo: i due che avevano agito, l’amico che, a distanza, ha seguito la scena e che poi ha raccontato agli altri cosa aveva visto. Insieme hanno lasciato il parco e insieme sono andati giù verso il mare, tra una battuta e l’altra.
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Solo uno di loro si era allontanato prima, con altri ragazzi che avevano raggiunto il gruppo e poi avevano proseguito per la loro strada: incontrerà gli amici più tardi, di nuovo alla Croce del Sud. Non solo il bagno: il ragazzo che per primo ha accoltellato Cristopher si fa scattare una foto, seduto sotto una palmetta, sguardo fermo ed espressione fiera. Gli investigatori la troveranno qualche ora dopo, nella galleria del cellulare e la utilizzeranno per confrontare l’abbigliamento con quello indossato dalle persone riprese dalle telecamere di videosorveglianza. E’ però con il ragazzo che si era allontanato che il testimone chiave ragiona sulla necessità di violare il patto e raccontare quello che è accaduto. Chattano, e decidono di parlare con i familiari.
INTENDERE E VOLERE
Intanto i legali che assistono i due ragazzi fermati attendono che venga fissata l’udienza di convalida del fermo: una fase in cui sarà possibile anche comprendere i primi elementi della strategia difensiva. Che potrebbe comprendere anche la valutazione della capacità di intendere e volere dei ragazzi al momento del fatto. Il ragazzo che ha testimoniato ha detto che nessuno, da quando si erano incontrati aveva assunto stupefacenti. In due, dopo, compreranno un po’ di hashish. Il racconto del testimone chiave, ma anche quello degli altri ragazzi presenti almeno in questa prima fase lascia poco spazio fraintendimento: il sedicenne che aveva portato dietro la parte più riservata del parco Cristopher Thomas prima di allontanarsi si cambia.
Da uno zainetto che aveva con sé prende una canotta scura con una scritta bianca e la indossa, mettendo da parte la tshirt, scura anch’essa, che indossava al momento dell’omicidio. Tutti gli indumenti sono stati sequestrati, così come i telefoni cellulari: i dispositivi dei due ragazzi fermati sono stati sottoposti ad un primo esame per vedere se contenessero elementi utili, nell’immediatezza, all’indagine. Ora dovranno essere con molta probabilità sottoposti a una perizia utile ad estrarre il contenuto, per vedere se tra le conversazioni rimaste all’interno ci siano ulteriori prove. Perché sul posto uno dei ragazzi è arrivato certamente armato di coltello, quello poi utilizzato per uccidere. L’altro aveva una piccola pistola (scarica, forse, racconta il testimone) e sono elementi che, messi a sistema, sembrano decisamente irrobustire l’accusa. Come quel gesto un po’ spaccone che il ragazzo che per primo porta Thomas tra i cespugli fa rivolto ai compagni: mostra il coltello mentre cammina. Come per far capire che è pronto ad usarlo.
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