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«Un padre dà la vita, non la toglie»


«Can che abbaia non morde», riassume Lorenzo Borrè, l’avvocato che ha difeso i ricorsisti di Napoli e che è stato il primo a incunearsi nello statuto del Movimento 5 stelle. «Grillo su alcune cose ha anche ragione, qualche problema c’è, ma sbaglia i modi», dicono i pochissimi (si contano sulle dita di una mano) che difendono colui che una volta veniva chiamato l’Elevato. Ma adesso il re è nudo, dalla sede di Campo marzio c’è la convinzione che non abbia alcun potere per terremotare il nuovo corso pentastellato. Ieri, tra l’altro, si è concluso il lavoro dei 300, sorteggiati per studiare le proposte da sottoporre al voto degli iscritti, e si è aperta la fase che porterà all’assemblea Costituente del 23 e del 24 novembre.

M5S è destinato a cambiare profondamente, ridefinirà (o farà scomparire) il ruolo del garante, modificherà la regola del doppio mandato (si aprirà il capitolo delle deroghe, probabilmente si andrà verso la possibilità per i parlamentari di continuare a svolgere una funzione, a livello territoriale o in Europa) e avrà una chiara collocazione nel fronte del centrosinistra. «Noi – spiega un big pentastellato – abbiamo tutto sotto controllo, siamo sereni, non ci sono criticità. Qualora Grillo decidesse di mettersi di traverso non avrebbe alcuna percentuale di successo». Anche Giuseppe Conte è tranchant: «Un padre – ha osservato – ha il diritto a dar la vita, non a dare la morte ai figli. Quindi non esiste la possibilità che uno si arroghi il diritto, con prepotenza, di determinare l’estinzione. Oggi il Movimento è la comunità degli iscritti. Al di fuori di questo esistono concezioni padronali che non si giustificano per forze politiche».

Nel Movimento 5 stelle hanno cominciato a chiamare Grillo “il disturbatore seriale”. E il fondatore, con i pochissimi interlocutori con i quali si rapporta, manifesta la sua amarezza: «Ho dato tutto per il Movimento, ci ho messo la faccia e sono stato messo alla porta». Tra l’altro, rivela una fonte, manifesta sempre lo sconcerto per il fatto che il “padre” in passato non ha ricevuto alcuna difesa dai “figli” quando è stato sotto attacco giudiziario, anche per le note vicende familiari. Ora sta all’ex comico il prossimo passo, dopo l’ultimo video.

Conte va avanti per la sua strada: sarà l’Assemblea a discutere di tutto, compreso il nome e il simbolo M5s. La decisione di mettere fine alla collaborazione di Grillo «non ha una valenza politica ma semplicemente contrattuale, noi siamo impegnati a confrontarci sui temi da portare avanti», dice il deputato contiano, Alfonso Colucci. L’ex premier ha i parlamentari dalla sua parte, ha costituito un gruppo solido, spesso – è un particolare a riguardo – il mercoledì sera lo dedica al calcetto con diversi di loro. «Oggi un ricorso da parte di Grillo – fa notare Borrè che di ricorsi se ne intende – non avrebbe senso politico, sarebbe una questione di puro principio, non ha truppe. Conte si è liberato nel tempo della testa, del braccio operativo e ora del nume tutelare del Movimento 5 stelle. E Grillo non ha detto nulla quando si sono sfilati Casaleggio, Di Maio e gli altri».

LA BATTAGLIA LEGALE

Anche chi maneggia il dossier legale nel M5S ritiene che il garante non possa bloccare in alcun modo il nuovo corso. Potrebbe in teoria impugnare il voto dell’assemblea, tentare di vietare l’utilizzo del simbolo e del nome del Movimento, ricorrere nel momento in cui si deciderà su garante e doppio mandato, «ma – sottolinea ancora Borrè – non ha la benzina per far partire la macchina processuale. Non ha gli strumenti per far nulla». E anche il richiamo alla foresta, il ricordo del Movimento della prima ora, non ha sortito effetti. Grillo ha la sponda, tra gli altri, di Virginia Raggi e Danilo Toninelli ma, per esempio, con Alessandro Di Battista il rapporto da tempo si è deteriorato. «Grillo – osserva uno dei pentastellati di lungo corso – paga la sua distanza non da Roma, ma da tutti noi».

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