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«Un attacco così al Presidente non si era mai visto. Deve prendere le distanze»


Qualche cartuccia Elly Schlein l’ha già sparata nel pomeriggio in tv prima di arrivare in piazza Testaccio, la location scelta col supporto dei dem romani per la chiusura dell’eurocampagna elettorale Pd. Poi davanti ai militanti si scatena, complice le parole del senatore leghista Claudio Borghi, che su X chiede le dimissioni del capo dello Stato. Elly è furiosa e chiama in causa Giorgia Meloni: «Non si era mai visto nel giorno della Festa della Repubblica un attacco del genere al capo dello Stato. È gravissimo, senza precedenti. Vorrei che la premier si esprimesse e prendesse le distanze».

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L’EVENTO

Elly arriva in piazza verso le 19 «in difesa della Costituzione e per un’Europa federale», con lei ci sono i candidati Marco Tarquinio, Nicola Zingaretti, Camilla Laureti, Matteo Ricci. La piazza è piena ma non esaurita malgrado le dimensioni più minute — e l’atmosfera più radical chic, secondo qualche critico — rispetto alla piazza (del Popolo) che sabato aveva accolto la fine campagna elettorale Fdi.

A Testaccio bandiere Pd e dell’Ue tra gli stendardi dei giovani democratici. La segretaria ne approfitta per alimentare l’eterno ping pong con la Meloni. «È la premier che deve dare risposte», non viceversa. Lo ricorda già poco prima di arrivare in piazza, ospite di ‘In mezz’ora’ su Rai3: «Non sono un jukebox che parla a comando», replica dopo l’invito della Meloni a prendere una posizione sulle parole del candidato socialista Nicolas Schmit, che aveva definito «anti-democratica» la premier italiana. «Meloni inventerebbe qualunque scusa ogni giorno — attacca in tv Schlein — pur di distogliere l’attenzione degli italiani dalla questione salariale e dai tagli alla sanità. Ne inventa sempre una ma agli italiani che fanno fatica ad arrivare a fine mese delle sue ripicche personali non importa». In piazza il copione è simile. Nel mirino ci sono sempre le riforme volute dalla maggioranza. Dal premierato, «che indebolisce il parlamento e il Presidente della Repubblica, il parlamento diventa schiavo del capo del governo», all’autonomia differenziata «che spacca il Paese». Dall’altra parte c’è invece un Pd «che ha la speranza di costruire l’alternativa alle destre». Sulle riforme, secondo Elly, si sta superando «la linea rossa». L’elezione diretta del premier «non esiste da nessun’altra parte nel mondo, scardina l’equilibrio fra i poteri», perché a garanzia della democrazia «c’è la possibilità per i cittadini, ogni cinque anni, di incidere sulle decisioni attraverso il parlamento». E proprio in occasione del 2 giugno ricorda che «non si può manifestare per la Costituzione senza esprimere contrarietà a premierato e autonomia differenziata».

IL FRONTE SANITÀ

Premier colpevole anche sulla sanità pubblica, sostiene la segretaria. Da qui la richiesta di approvare la legge «che porta la mia firma, altrimenti ci sarà una sanità solo per chi se la può permettere». Barra dritta poi sui diritti civili: «Non ci facciamo dire dalla destra chi possiamo amare o sposare». E mea culpa sullo ius soli: «Siamo qua per riparare agli errori fatti».

Mentre in Europa, giura la segretaria, strada sbarrata a Meloni e LePen-Salvini. «Non siamo disposti ad accordi con la destra nazionalista», assicura. Sulle questioni internazionali chiede infine il cessate il fuoco in Medio Oriente «per mettere fine al massacro di civili a Gaza e portare aiuti umanitari alla popolazione palestinese» e insistere sui due popoli-due Stati. E poi l’ultimo affondo: «Ho sentito un attacco arrivare dalla premier da Madrid, fra nostalgici della dittatura franchista, ognuno si sceglie le compagnie che vuole».

L’intervento finisce, parte «Viva l»Italia» di De Gregori. È la risposta all’Orgoglio italiano celebrato sabato da Fdi sulle note di Rino Gaetano. «Elly, Elly…», cantano i militanti Pd quando lei scende dal palco. Sorride, poi si unisce con loro per cantare «Bella ciao».

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