BRUXELLES Togliere l’esclusiva del Green Deal ai socialisti e affidarne l’attuazione a un esponente del centrodestra, così da disinnescare un dossier potenzialmente spinoso per il futuro esecutivo Ue. La tentazione c’è; ma il sentiero da percorrere è piuttosto stretto. Alle prese con il rebus delle caselle della sua nuova Commissione – che potrebbe svelare già domani –, Ursula von der Leyen sta valutando se assecondare un pressing crescente all’interno del suo Partito popolare europeo. L’obiettivo? Evitare, nel nuovo collegio dei commissari, la riedizione del modello Frans Timmermans, il numero due (socialista) di fatto divenuto numero uno su tutti i temi dell’agenda verde tra 2019 e 2023 (gli anni in cui hanno preso forma tutte le normative “green”, alcune delle quali tornate al centro della contesa).
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«A differenza di altri, sul clima siamo dalla parte di soluzioni pragmatiche, non ideologiche», aveva detto a marzo von der Leyen, non nascondendo l’intenzione di rimettere mano alla narrativa Ue sul Green Deal, da più parti (specie nel suo centrodestra) percepita come troppo dirigista; linea mantenuta a luglio, quando all’Eurocamera ha annunciato per i primi 100 giorni del mandato un “Clean Industrial Deal”, cioè un Green Deal 2.0 concentrato più sulle opportunità per l’industria pulita che sulla rigida regolamentazione.
CAMBIO DI ROTTA
Ma per imprimere un, seppur morbido, cambio di rotta, servono anche le persone giuste al posto giusto. Già prima delle elezioni europee di giugno, la pretendente più accreditata per ereditare il maxi-portafoglio climatico era Teresa Ribera, vicepremier del governo spagnolo, dov’era titolare della transizione ecologica; nome formalizzato a fine agosto da Madrid. Complice la sparuta pattuglia di esponenti socialisti nel nuovo esecutivo (sono appena 5 su 27, provenienti da Danimarca, Romania, Slovacchia e Malta, oltre che dalla Spagna), Ribera è stata a lungo considerata la candidata naturale a ereditare il Green Deal. Se non che, tra i popolari del Ppe, si è organizzata una resistenza interna contro la sua ascesa, spalleggiata dai sostenitori del nucleare tra governi e industria, mobilitati nel timore che la spagnola porti a Bruxelles il suo scetticismo sul ruolo dell’atomo nella transizione energetica. Per sottrarre le politiche “green” alla sinistra e riassegnarle al Ppe, secondo il Financial Times von der Leyen avrebbe allora messo sul piatto un’offerta difficile da rispedire al mittente per Madrid: il portafoglio tradizionalmente più blasonato nei circoli brussellesi, quello della Concorrenza, ruolo occupato nell’ultimo decennio da Margrethe Vestager, che riunisce le competenze in materia di aiuti di Stato e antitrust, compresa la crociata Ue contro le Big Tech, ma anche il controllo delle concentrazioni (vedi Ita-Lufthansa). Insomma, tutte responsabilità chiave per il rilancio industriale dell’Ue.
Non è detto, però, che il corteggiamento dell’ultimo minuto vada a buon fine. Ribera, dopotutto, è il nome di maggior peso dei socialisti nel prossimo esecutivo Ue, l’unica carta per tenere le mani sulle politiche verdi; nessuno tra i rimanenti candidati avrebbe i ranghi per reclamare il portafoglio (se non forse lo slovacco Maros Sefcovic, uomo di fiducia di von der Leyen che infatti ha gestito il Green Deal dopo le dimissioni di Timmermans, ma che — venendo da un Paese piccolo e con una storia recente di dissidi con Bruxelles — sembra destinato a dossier più burocratici come la semplificazione amministrativa).
IL CONFRONTO
Domani mattina alle 8, per von der Leyen si prepara una prima colazione potenzialmente indigesta: un confronto con i capigruppo all’Europarlamento, con cui condividerà la composizione della nuova Commissione. Ridotti nei numeri (ma forti in Parlamento, dove servono i voti per la fiducia), i socialisti aspettano di vedersi ricompensati perlomeno nella distribuzione delle deleghe, e difficilmente accetteranno un ulteriore declassamento. La partita per ricalibrare il Green Deal, intanto, è già iniziata, e il primo scoglio riguarda il futuro dell’automotive. Se il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso ha annunciato che a fine mese presenterà la proposta di anticipare di un anno, al 2025, la revisione dello stop all’immatricolazione di veicoli a benzina e diesel a partire dal 2035, ieri è arrivata la sponda del commissario all’Industria Thierry Breton, che incontrando la filiera delle e-car a Bruxelles ha parlato di una situazione «non rosea» e di «grande nervosismo» nel comparto auto.
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