Notizie Nel Mondo - Notizie, affari, cultura Blog Politics «Trump non mollerà l’Ucraina. No alle nostre armi a Kiev? Mai detto. Verità sui dossier anti-Crosetto»
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«Trump non mollerà l’Ucraina. No alle nostre armi a Kiev? Mai detto. Verità sui dossier anti-Crosetto»


Se parla lui, da queste parti, è quasi una Cassazione. Il governo è stanco di aiutare l’Ucraina? «Il nostro supporto a Kiev è confermato, più di così..». Donald Trump se ne laverà le mani? «Se vincerà Trump sosterrà l’Ucraina in base alla sua maggioranza. Non credo che verrebbe mai meno il sostegno con una maggioranza repubblicana». Giovanbattista Fazzolari, l’uomo che sussurra a Giorgia Meloni, per una volta parla ad alta voce. Si ferma sulle scale del Senato con tre cronisti. Ci tiene a dare la sua linea, che è interpretazione autentica del verbo della premier. La visita di Zelensky a Roma, stasera. Le armi in Russia, il duello con le opposizioni sulla Consulta, la manovra. E le voci su Guido Crosetto, ministro della Difesa che da tempo non si vede in Cdm e qualcuno racconta sempre più distante dalla premier.

IL CASO CROSETTO

Esiste un caso Crosetto? «No, non esiste un caso. Guido è un amico, co-fondatore di Fratelli d’Italia, un bravo ministro». Sarà, ma da mesi il ministro piemontese è al centro delle cronache. L’inchiesta della procura di Perugia sul caso dossieraggi, la diffidenza, poi smentita, verso un pezzo dei Servizi segreti. Un lampo attraversa gli occhi del sottosegretario onnipresente (e dicono quasi onnipotente) a Palazzo Chigi. Il caso dossier è un chiodo fisso nei pensieri della premier e del governo tutto, come la sensazione che dietro le ricerche del luogotenente della Finanza Pasquale Striano ci sia un “disegno” più grande contro l’esecutivo. «Questo andrebbe chiesto alla procura di Perugia, perché crede ci sia qualcosa da attenzionare? Se un servitore dello Stato fa in modo compulsivo decine di migliaia di accessi prevalentemente rivolti a esponenti del centrodestra in procinto di andare al governo, me compreso, forse c’è qualcosa da capire».

È un fiume in piena. Quel che più preme al sottosegretario-Richelieu della leader è la politica estera. Nel gran giorno di Volodymyr Zelensky a Palazzo Chigi. Mentre un pezzo della stessa maggioranza — Lega in testa — mugugna contro il sostegno militare a Kiev, che può costare consenso e punti nei sondaggi. «L’opinione pubblica occidentale è particolarmente distaccata da quello che succede in Ucraina, lo reputa qualcosa di lontano da noi, vale per gli italiani ma non solo» premette “Fazzo”. Convinto, ed è una notizia, che chiunque vinca alle presidenziali americane del 5 novembre, incluso Trump, continuerà a dare manforte a Zelensky. «Anche oggi, con l’amministrazione Biden, gli Stati Uniti hanno deciso di non dare tutto il sostegno che avrebbero potuto».

Insomma, Biden poteva fare di più e con Trump non calerà una saracinesca, ragiona il colonnello di FdI: «Non credo che verrebbe meno il sostegno». Fazzolari è da sempre per la linea dura sull’Ucraina. Perfino sul punto più delicato, l’uso di armi italiane in Russia, rimane cauto. Il governo è contrario? «Non lo abbiamo mai detto. Abbiamo ereditato dal precedente governo, il governo dei “migliori” (Draghi, ndr), la secretazione degli aiuti militari e del loro utilizzo. Una decisione unica in Europa, tutti gli altri Paesi hanno dato indicazioni esplicite, noi questa cosa non l’abbiamo detta. Io mi attengo alle regole». E l’invasione ucraina nella regione russa di Kursk? «Stanno combattendo una guerra, trovo poco sensato parlarne per un governo occidentale, è come commentare dal divano una partita in tv che stanno giocando altri».

Uno scalino alla volta l’uscita si avvicina. I commessi salutano “il senatore”. Fuoriprogramma, passa Rossella Sensi, ex patrona della Roma. «Ma non chiamatemi presidente, quello era un altro tempo» scherza lei. Fazzolari non si scompone: «Non capisco di calcio, non lo seguo…». Di altro vuole parlare, eccome. Bacchetta i giornalisti che «inventano» retroscena. Poi si dedica a uno sport in cui è medaglia olimpica: il tiro al piattello contro le opposizioni, la sinistra che ora si è arroccata sull’Aventino e ha bloccato l’elezione di Francesco Marini, consigliere di Meloni, alla Consulta. Sottosegretario, Schlein dice che non volete dialogare. «È grave che per calcoli politici non si elegga un giudice della Consulta» replica lui irritato. Parla di una «mancanza di rispetto al Quirinale», che aveva chiesto di fare presto dopo dieci mesi di limbo.

«Le opposizioni hanno perso il senso istituzionale, volevano aspettare di eleggere quattro giudici e spartirli col manuale Cencelli». Si andrà avanti con il voto a oltranza, annuncia Fazzolari, «riconvocheremo il Parlamento sistematicamente». Ne ha anche per i Cinque Stelle, per par condicio: «Accusano il governo per non aver rinnovato il taglio delle accise di venti centesimi, ma noi lo rivendichiamo! Costava dieci miliardi, aiutava chi ha un auto e più era alta la cilindrata, più alto era il vantaggio. Stiamo lavorando a una manovra da 24 miliardi..».

IL PALAZZO

Segue una lezione sulla caducità del potere e dei potenti ai tempi di “Giorgia”: «Lo ha ribadito lei per prima, viviamo questa esperienza con spirito di servizio, a noi di rimanere al governo non importa nulla. Finché ci saranno queste opposizioni però gli italiani ci chiederanno: per favore rimanete lì. Lunga vita a queste opposizioni: ci permettono di non eccellere». «Magari arriva Pier Silvio Berlusconi e il premier lo fa lui», lo provochiamo. Ride, non risponde. Fa un certo effetto il tono remissivo e schivo dell’uomo che tutto ascolta e molto decide a Palazzo Chigi. Lo sa che lei è considerato il custode dell’ortodossia di questa destra? «Non è così» taglia corto sorridendo il consigliere di Meloni ormai all’aria aperta, libero dai microfoni, «non è corretta questa descrizione». Chissà se ci crede davvero.

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