Il post su Truth Social pubblicato lunedì sera da Donald Trump ha avuto l’effetto che il presidente eletto si attendeva: un po’ di tensione sui titoli a Wall Street che potrebbero essere colpiti dai dazi, l’indebolimento delle monete dei tre paesi presi di mira, e tante discussioni su cosa succederà all’economia mondiale dopo il 20 gennaio, il giorno dell’inaugurazione. Trump ha infatti promesso che nel suo primo giorno alla Casa Bianca imporrà dazi doganali del 25% su tutti i prodotti importati dal Messico e dal Canada e del 10% (oltre all’attuale 15%) sulla merce in entrata dalla Cina.
L’OBIETTIVO
«I dazi resteranno in vigore fino a quando la droga, in particolare il fentanyl, e tutti i migranti senza documenti continueranno a invadere il nostro paese!», ha scritto il presidente eletto su Truth. Per giorni Trump ha avuto un atteggiamento stranamente più pacato: nessun intervento pubblico, solo qualche post «istituzionale» per annunciare i membri della sua squadra di governo. Poi è tornato ad attaccare i suoi vicini, sottolineando come il suo obiettivo — in linea con Project 2025 — sia quello di distruggere lo status quo nato negli anni ’90 con il Nafta, il trattato di libero scambio tra Canada, Stati Uniti e Messico voluto da Bill Clinton.
Ma eliminare questo sistema interconnesso potrebbe costare molto anche agli Stati Uniti: per esempio ci si attende un aumento dei prezzi dell’alluminio e dell’acciaio. Il Canada è il principale esportatore di alluminio negli Usa, mentre il Messico ha visto aumentare la richiesta di acciaio da parte di Washington: 4,2 milioni di tonnellate nel 2023, in rialzo del 19% rispetto al 2019.
Oltre ai due vicini, l’altro grande obiettivo di Trump è la Cina che continua a produrre e inviare fentanyl negli Stati Uniti. «Trump vuole aprire una nuova era di protezionismo. L’uso delle tariffe come strumento di diplomazia internazionale avrà un effetto distruttivo sul commercio sia negli Stati Uniti che nel mondo», ha detto Eswar Prasad, economista della Cornell University. E decine di economisti sostengono che le scelte di Trump potrebbero portare verso una recessione. Da una parte faranno aumentare i costi alle aziende americane e ai consumatori, dall’altra potrebbero spingere i paesi presi di mira a vendicarsi, creando una nuova guerra dei dazi come quella del 2018 contro Pechino.
I PRODOTTI
Per ora la presidente del Messico, Claudia Sheinbaum, ha detto che risponderà a questa minaccia, imponendo dazi sull’acciaio e su una serie di prodotti esportati dagli Stati Uniti come la carne di maiale, il bourbon e le mele. Nel 2018 i due paesi erano riusciti a raggiungere un accordo e a togliere le tariffe. Il Canada ha sottolineato i benefici e il bilanciamento degli accordi esistenti tra i due paesi.
La Cina, invece, ha fatto sapere attraverso Liu Pengyu, il portavoce dell’ambasciata a Washington, che «un aumento delle tensioni economiche sarebbe negativo per entrambe le parti. Nessuno vincerà in una guerra delle tariffe». Una ricerca pubblicata poche ore dopo il post di Trump da Ing ricorda che il programma di dazi di Trump (10-20% su tutti i prodotti in entrata e 60% su quelli cinesi) potrebbe costare 2.400 dollari l’anno a ogni consumatore americano. Nel corso della campagna elettorale Trump ha detto che vuole colpire la Cina, il principale rivale geopolitico degli Stati Uniti. Per questo gli analisti si aspettano che oltre ai dazi il presidente eletto imporrà restrizioni alle esportazioni di tecnologia americana in Cina e blocchi agli investimenti di Pechino nel mercato americano, andando in questo modo verso un scontro economico diretto.
Al contrario Scott Bessent, appena nominato da Trump segretario al Tesoro, sostiene che i dazi possano essere uno strumento di negoziazione e una fonte di entrate per lo stato. «La pistola delle tariffe deve essere sempre carica e sul tavolo, ma raramente deve essere usata», ha scritto in una lettera agli investitori all’inizio dell’anno.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Risparmio e investimenti, ogni venerdì
Iscriviti e ricevi le notizie via email