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«Teneva a sua figlia Francesca Michelon, ma lei voleva soltanto i soldi»


«Non è stato certamente Stefano a non voler accertare la paternità di Francesca Michelon, quanto piuttosto la madre della ragazza ad opporsi. Poi lei non era affatto interessata a vedersi riconoscere come sua figlia, avanzando sempre e solo richieste economiche». Non tollera che venga infangata la memoria di suo marito, Stefano D’Orazio, lo storico batterista dei Pooh morto nel novembre 2020 per complicazioni da coronavirus. Tiziana Giardoni vuole dargli voce, il diritto di replica che gli è stato negato per sempre dal destino. E contemporaneamente, grazie agli esperti avvocati matrimonialisti Marco Meliti e Simona Bevilacqua, ha impugnato davanti alla Corte d’appello di Roma la sentenza dello scorso aprile con la quale il Tribunale capitolino ha accolto le istanze di Francesca Michelon, riconoscendo che D’Orazio era suo padre, che ha diritto a 120mila euro di danno morale e che il testamento con cui il musicista aveva nominato sua moglie erede universale non è valido. Per fare la comparazione del dna, la web designer di 40 anni ha usato dei reperti organici prelevati dall’ospedale in cui il batterista dei Pooh era ricoverato prima di morire. Ma per di rimettere in discussione la sua eredità servirà una sentenza definitiva.

Francesca Michelon sostiene che l’appello da lei presentato “è uno schiaffo morale” alla sua storia e che non può “accettare vengano ribaltate le carte”.

«Ho deciso di rompere il silenzio in cui sono stata tutti questi anni proprio perché credo sia doveroso difendere la memoria di mio marito Stefano dai commenti gratuiti e dalle falsità che ho letto e sentito in questi ultimi mesi, anche da parte di chi va in televisione a parlare di cose che non conosce. Chi ha conosciuto davvero Stefano — e non chi cerca solo spazi di notorietà, approfittando del fatto che non c’è più e non può difendersi — sa bene che era una persona generosa, leale e sensibile, che molto ha donato in vita a chi aveva bisogno. Insomma, una persona ben distante da quella che qualcuno vorrebbe far credere».
 

Dopo essere stata riconosciuta dal giudice figlia legittima di suo marito, Michelon sostiene di aver passato tre anni a essere mortificata da D’Orazio, prima di decidere di intraprendere contro di lui un’azione legale.

«Quello che oggi si tenta di raccontare è quanto di più lontano dalla verità dei fatti, dato che non è stato certamente Stefano a non voler accertare e riconoscere la paternità della Michelon, quanto piuttosto la madre della ragazza ad opporsi strenuamente, probabilmente per preservare il suo matrimonio con Diego Michelon. Volontà che Stefano aveva sempre rispettato. Quel che certo è che, quando nel 2006 la madre le aveva improvvisamente rilevato l’effettiva paternità, Stefano aveva tentato in ogni modo di costruire un rapporto affettivo con la figlia, trovandosi però di fronte una persona che non era affatto interessata a vedersi riconoscere come sua figlia, avanzando sempre e solo richieste economiche, alle quali, peraltro Stefano, non si era mai sottratto. Tanto che dopo non aver più risposto alle richieste di incontro di Stefano, gli aveva fatto scrivere dal suo avvocato chiedendo solo una congrua offerta economica».
 

Come l’aveva presa suo marito?

«Questa cosa gli aveva provocato grande dolore, soprattutto quando il Tribunale di Venezia aveva smascherato l’attività collusiva della figlia con la madre, Oriana Bolletta, e con Diego Michelon per far apparire tempestiva l’azione di disconoscimento della paternità proposta davanti al Tribunale di Marsala che, non a caso, aveva poi condannato la Michelon al risarcimento delle spese di lite».
 

Perché ha deciso di presentare appello contro la sentenza che ha invalidato il testamento di suo marito?

«Solo per questioni strettamente giuridiche, in quanto il mio unico scopo è quello di difendere la verità storica e umana dei fatti, per come sono realmente andati. Chi ha amato e conosciuto Stefano sa bene chi era. E continueremo a onorare il suo ricordo, difendendo ciò che ha rappresentato: un uomo vero, sensibile, profondo. Il Tribunale stabilirà ciò che legalmente spetta, ma l’eredità ben più preziosa, ovvero la stima, l’amore e l’affetto di un uomo straordinario come Stefano, non potrà mai essere ricevuta da chi non ha voluto accoglierlo, quando ne aveva la possibilità».

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