Il primo banco di prova per le diplomazie europee, alle prese con Donald Trump che alza il tiro sui dazi minacciando il 30%, è questione di ore. Se per continuare i complicati negoziati con gli americani ci sono ancora davanti tre settimane, fino al 1° agosto, c’è tuttavia un termine ben più immediato a cui guardano tutti a Bruxelles, in attesa di giocare la prossima carta. Allo scoccare della mezzanotte tra domani e martedì scadrà, infatti, la sospensione di tre mesi del primo, e finora unico, lotto di contro-dazi. Fu adottato ad aprile dall’Unione, in reazione ai balzelli Usa su acciaio e alluminio – inizialmente del 25%, poi divenuti 50% –, e fu subito messo in pausa per favorire le trattative commerciali.
LE CONTROMOSSE
Chi interpreta la lettera di Trump come un (aggressivo) rilancio negoziale è determinato a non mandare segnali che possano essere equivocati dalla Casa Bianca, e interpretati come una volontà di andare al muro contro muro e verso un’escalation tariffaria. La stessa, dopotutto, che Trump ha promesso di punire con sovrattasse ulteriori e di pari valore. Tanto le colombe quanto i realisti tra i governi Ue, insomma, spingono perché le contromisure rimangano nel congelatore. Perlomeno per il momento, in attesa di capire cosa accadrà nel filo diretto Bruxelles-Washington. Gli ambasciatori ne parleranno oggi pomeriggio, in un incontro d’emergenza del Coreper, mentre domani, a ridosso dell’ora X, sarà la volta dei ministri del Commercio dei 27, a Bruxelles per una riunione straordinaria del Consiglio. È altamente improbabile che le ritorsioni vengano riattivate già ora, riferiscono fonti diplomatiche a conoscenza del dossier.
Tutte le opzioni per l’Ue restano, beninteso, sul tavolo, precisano i fautori della linea dura, ma quella espressa nella lettera è considerata una mossa tattica a colloqui ancora in corso da parte di Trump, prosegue il ragionamento. Incassato l’ok di massima dei governi, alla Commissione basterà una decisione-lampo immediatamente esecutiva per prolungare lo stop. Al contrario, senza la proroga, scatterebbero sovrattasse fino al 20% su 21 miliardi di export Usa verso l’Ue, colpendo beni iconici a stelle e strisce come le motociclette Harley-Davidson di cilindrata superiore ai 500cc, i jeans Levi’s e gli yacht. Ma anche t-shirt di cotone, tabacco, succhi di frutta e poi produzioni di Stati repubblicani come legname, pollame e carne di manzo (l’intento iniziale era esercitare pressione politica sul Congresso a un anno e mezzo dalle elezioni di mid-term).
IL SECONDO PACCHETTO
Discorso a parte va fatto per il secondo pacchetto di controdazi, una pratica istruita dai servizi della direzione generale Commercio, ma non ancora approvati dai Paesi Ue. Nel frattempo, il valore iniziale dell’export messo nel mirino è passato da 95 miliardi di euro a circa 73, per tenere conto delle richieste di deroga tanto avanzate dalle capitali quanto dalle industrie europee. Il lavoro preparatorio è concluso, ma per ora il dossier rimarrà in un cassetto. Per evitare attentamente di provocare la Casa Bianca rimanendo, invece, concentrati sulle fasi finali della trattativa. Così da rispondere all’ultimatum scandito dal presidente-tycoon: «Se desiderate aprire i vostri mercati commerciali, finora chiusi, agli Usa ed eliminare politiche tariffarie e non tariffarie e le barriere commerciali, potremmo valutare una modifica a questa lettera». Insomma, che siano ritorsione o riequilibrio da parte Ue, per ora i controdazi sembra possano aspettare, almeno fino al primo agosto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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