Colazione a Londra da Keir Starmer, pranzo a Parigi con Emmanuel Macron e cena a villa Doria Pamphili insieme a Giorgia Meloni. Città e leader sono diversi, ma per Volodymyr Zelensky il menù oggi sarà lo stesso ovunque. Da un lato la necessità di serrare i ranghi in vista dell’inverno imminente e dall’altro una valutazione sui possibili esiti delle elezioni americane. La portata principale però, a Roma come nelle altre capitali, è la presentazione dell’ultima riservatissima versione del piano per la vittoria a cui il leader ucraino sta lavorando da tempo.
LA STRATEGIA
Una strategia d’azione a cui Kiev crede al punto dall’aver chiesto esplicitamente a tutte le cancellerie di non prevedere dichiarazioni al termine degli incontri. Un po’ per rispetto dell’agenda strettissima o degli interlocutori successivi (venerdì dopo un incontro con Papa Francesco il leader ucraino volerà anche a Berlino), un po’ perché — questa l’idea di alcune fonti diplomatiche italiane — il piano di Zelensky potrebbe essere appeso a un filo. Dopo un’accoglienza tiepida da parte di Joe Biden a New York e in attesa che si palesi il volto e le intenzioni del nuovo inquilino della Casa Bianca, l’intento del tour del leader ucraino è proprio quello di trovare la sponda di Roma, Parigi, Berlino e Londra per la sua visione sul futuro — e la fine — del conflitto. Ovvero ottenere il massimo possibile ora, prima che il “vento” Usa cambi.
«A ottobre, novembre e dicembre, abbiamo una vera possibilità di muovere le cose verso la pace e una stabilità duratura — è il messaggio lanciato in serata dal suo account X — La situazione sul campo di battaglia crea un’opportunità per un’azione decisiva per porre fine alla guerra non più tardi del 2025». Uno slancio che sembrerebbe porre le basi per l’approdo sui tavoli delle cancellerie del Vecchio Continente non del «documento che delineerà le condizioni dettagliate per una giusta fine della guerra», come Zelensky ha promesso ieri a Dubrovnik ai leader dei Balcani, ma pure per una nuova lista della spesa.
Richieste che a Roma (come nelle altre capitali), al di là di un fermo sostegno a Kiev che pure verrà ribadito, si comincia tollerare meno. Lo spettro di un allargamento del conflitto in Medio Oriente infatti, non consente di lasciare troppo vacanti i magazzini dei rispettivi eserciti. Per di più, si ragiona ai vertici del governo, il Samp-T mancante per completare il nono pacchetto di aiuti votato dal governo è stato recapito in Ucraina appena pochi giorni fa. Difficilmente l’Italia — che da presidente G7 oggi punterà decisa la barra sui concetti di «pace giusta» e ricostruzione — aprirà qualche spiraglio sulla possibilità di usare le armi occidentali (i pochi Storm Shadow/Scalp forniti fino ad oggi) per attaccare gli obiettivi sensibili di Mosca in territorio russo. Idem per quanto riguarda i Taurus tedeschi.
IL VERTICE
La strada per la pace voluta da Zelensky resta tutt’altro che in discesa, a partire dal fatto che l’occasione più importante per illustrare il suo piano, il vertice di Ramstein programmato per questo sabato, è saltato all’ultimo minuto per il forfait del presidente americano, impegnato a gestire la crisi generata dall’arrivo dell’uragano Milton negli Stati Uniti. Secondo fonti ucraine il documento include elementi militari e diplomatici (come la richiesta dell’Ucraina di entrare nella Nato) ma i dettagli non sono ancora stati resi pubblici. L’obiettivo di Kiev è però rafforzare la posizione negoziale dell’Ucraina e continuare a fare pressione sulla Russia affinché accetti una pace giusta. Tradotto: conquistare sufficienti porzioni di territorio da russo da poter scambiare con Mosca. Un approccio rischioso su cui persistono i dubbi di molti leader occidentali che, infatti, continuano a premere affinché Zelensky mostri una maggiore flessibilità. E cioè che inizi a ragionare su una più pragmatica soluzione del conflitto, anche se dovesse comprendere una pur minima cessione di territorio.
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