15.05.2025
12 Street, Rome City, Italy
Politics

sponda tra premier e Colle. E Giorgia tratta con Ursula (ma valuta l’astensione)


Non ne fa una questione di partito. In ballo, ripete a sé e a chi ha intorno, c’è «la credibilità della nostra Nazione». Questa sera Giorgia Meloni si siederà al tavolo delle trattative a Bruxelles con un’arma in vista. Senza un segnale concreto dei leader popolari, socialisti e liberali al Consiglio europeo — sia sul programma, sia sulla nomina da assegnare all’Italia nella Commissione — il governo si asterrà sul voto per l’Ursula-bis. Saranno ore di trattative febbrili. Come quelle che hanno scandito gli ultimi giorni della premier italiana. Meloni ha sentito al telefono la grande protagonista del can-can delle nomine Ue, Ursula von der Leyen. Che le ha promesso un posto di peso per l’Italia nella sua Commissione. La delega al Pnrr, Coesione e Bilancio.

La premier guarda anche la Concorrenza o il mercato unico, purché si tratti di un portafoglio economico decisivo. Soprattutto, vorrebbe una vicepresidenza esecutiva per Raffaele Fitto: significherebbe farne il braccio destro di Ursula, un super-commissario in grado di sbrogliare le matasse più intricate. «Farò il possibile», rassicura la tedesca in cerca di un bis a Palazzo Berlaymont. Squilla di continuo il telefono della premier. Ha contatti con quasi tutti i leader del Continente, dal cancelliere Olaf Scholz all’olandese Mark Rutte, eletto ieri segretario della Nato. Cerca garanzie e un «cambio di metodo». Altrimenti, è disposta a valutare ogni opzione. Anche rifiutarsi di votare la presidente uscente con cui pure ha un filo e un feeling diretto. Ha spiegato le ragioni della linea oltranzista al Capo dello Stato Sergio Mattarella.

L’assist

Attovagliata al Quirinale per il consueto pranzo che precede i Consigli europei insieme a Tajani, Fitto, Fazzolari e Mantovano, Meloni ripete il succo del discorso pronunciato in Parlamento. L’accordo a scatola chiusa fra popolari, liberali e socialisti, annunciato a mezzo stampa, non è uno smacco ai conservatori, ma «al nostro Paese, la terza economia europea». Tra una trofia al pesto e una triglia, la presidente del Consiglio spiega le sue ragioni al titolare del Colle. Che decide di dare un segnale, con un lancio di agenzie del Quirinale che non è inedito ma neanche così usuale, alla vigilia dei vertici europei. «L’Italia non può restare isolata», il senso del messaggio fatto trapelare all’esterno. Sbagliato leggerci una presa di partito, si affrettano a precisare dagli uffici quirinalizi. «Difende l’Italia e il suo ruolo, lo faceva anche quando veniva esclusa dalle trattative europee ai tempi di Draghi e Conte».

Ma è comunque una sponda ed è difficile che passi inosservata al vertice europeo di questa sera. Ovviamente il messaggio di Mattarella ha una doppia lettura. L’invito a non isolare l’Italia vale anche per la premier e i suoi negoziatori. La partita resta aperta. Ne sembra convinto Alfredo Mantovano, sottosegretario e uomo dei dossier a Palazzo Chigi, gran tessitore dei rapporti con il Colle. Sorseggia un caffè alla buvette della Camera, poi confida accennando un sorriso: «La trattativa non è chiusa, altrimenti a che servirebbe il Consiglio europeo di domani (oggi, ndr)?». Segue una postilla: «Non sottovaluterei il ruolo che ha la premier di un Paese come l’Italia. L’unica che ha vinto le elezioni europee». Voci di palazzo ne fanno un possibile erede delle deleghe Pnrr di Fitto, pronto a traslocare a Bruxelles. Lui, già oberato da mille delicati incarichi, alza gli occhi al cielo: «Ne ho già abbastanza così».

Un passo alla volta. Ora i riflettori sono sui negoziati europei e la grande incognita dell’astensione di Meloni. È una partita anche geopolitica, quella che si gioca a Bruxelles, ragionano in ambienti diplomatici. Le nomine su cui si cerca una quadra — il portoghese Costa, la tedesca von der Leyen, l’estone Kallas — rischiano di spostare il baricentro strategico dell’Ue verso Nord. Ai Paesi mediterranei — se il tiro alla fune italiano non andrà a buon fine — rimarranno le briciole.

Per questo Meloni si impunta con von der Leyen anche sull’agenda. Vuole un impegno scritto, nel suo programma, a rivedere le politiche del Green deal, a cambiare paradigma sull’immigrazione. Lei, la candidata sul filo, le ha già mandato un messaggio con la lettera indirizzata ieri ai 27 capi di governo Ue in cui spiega come «la dimensione esterna sia un fattore chiave». Parole in sintonia con il verbo meloniano. Ma le parole da sole non basteranno.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Leave feedback about this

  • Quality
  • Price
  • Service
[an error occurred while processing the directive]