Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Maurizio Lupi e Antonio Tajani. Tutti uniti in piazza San Lorenzo a Firenze per spingere Alessandro Tomasi nella corsa per la Regione Toscana. La premier attacca Cgil e la sinistra «che non è riuscita a gioire per la tregua», «più fondamentalista di Hamas» e particolarmente «rabbiosa» perché «abbiamo dimostrato che erano scarsi al governo». Quindi, lancia la sfida delle urne di domenica e lunedì: «Noi siamo nati per ribaltare i pronostici e lo faremo anche qui», il campo largo è «un grande centro sociale», ma «gli italiani capiscono quando la politica li tratta da imbecilli, dicendo cose tipo: ‘se voti me nelle Marche avrai lo stato della Palestina».
L’attacco
Poi, un passaggio sullo storico accordo in Medio Oriente: la pace non viene firmata «né per Landini, né per Albanese che insulta la Segre, né per Greta con la Flotilla. C’è una persona da ringraziare, Trump, presidente degli Usa, repubblicano». A poche centinaia di metri dal palco del centrodestra, da piazza dell’Indipendenza, parte un corteo di Usb, centri sociali e giovani palestinesi. E la presidente del Consiglio si toglie un sassolino dalla scarpa appena sale sul palco, di fronte alla piazza piena dei suoi sostenitori: «Noi ci possiamo permettere di scendere in piazza, e guardare la gente negli occhi a testa alta». La pace a Gaza «si deve anche a quello che alcuni giudicano un criminale, che è Bibi Netanyahu», rivendica Salvini prendendosela con una signora toscana che aveva esposto una bandiera «pro-Pal» sulla piazza del comizio. Tajani, invece, si appella ai centristi, perché «dall’altra parte» è «rimasta solo la sinistra» che è «sempre più succube dei 5 stelle». Infine, cita le recenti manifestazioni per la Palestina che sono diventate «per la guerra» con «i figli di papà» che «se la prendevano con i figli del popolo, che sono i carabinieri, i poliziotti e i finanzieri».
La coalizione
Tra le note di colore della piazza un grande striscione con su scritto solo «Vota Draghi» (Alessandro, candidato al consiglio regionale per FdI), che ha tratto in inganno molti. Nell’ultimo giorno prima del silenzio elettorale, Firenze è un crocevia di eventi e iniziative politiche, manifestazioni e sopralluoghi di membri del governo. In piazza Strozzi arriva Matteo Renzi che si rivolge direttamente alla premier: «Il Paese è fermo, il debito cresce, basta retorica». Il suo obiettivo, ambizioso, è che Iv-Casa riformista sia «la seconda lista di coalizione dopo il Pd». Le urne toscane sono un appuntamento cruciale per il centrosinistra che, dopo aver perso le Marche e la Calabria, punta su Eugenio Giani per iniziare la rimonta. Il governatore, si deve dividere tra una molteplicità di piazze — vista l’impossibilità di unire tutti i leader della coalizione in un unico evento. «Invidio molto la destra perché anche quando sono divisi si presentano uniti», aveva detto Stefano Bonaccini la sera prima durante l’iniziativa al Teatro Cartiere Carrara con Elly Schlein. Qui la segretaria dem ha tirato la volata a Giani plaudendo al suo «coraggio» nel portare avanti leggi regionali pionieristiche e al suo «buon governo».
Obiettivo: cementare l’alleanza progressista nelle Regioni e in Parlamento per presentarsi uniti alle prossime politiche e battere la destra. A Meloni ribatte a tono la sindaca dem Sara Funaro, da un ulteriore appuntamento dem per Giani al teatro Niccolini : «E’ la prima volta che la vedo a Firenze, il mio auspicio è che possa tornare al di fuori dei comizi», «chi tratta da imbecilli gli elettori è la destra». Giuseppe Conte, che non ha previsto la presenza Giani sul palco del M5s in piazza delle Murate (il governatore è ancora indigesto per una parte della base pentastellata), lo incontra nell’hinterland a Scandicci, per un evento di rito — come forma di mediazione — concordato con Schlein. Una stretta di mano a suggellare l’alleanza e una promessa: «Lavoreremo insieme 5 anni». Nonostante le differenze.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Commenti e retroscena del panorama politico
Iscriviti e ricevi le notizie via email