Notizie Nel Mondo - Notizie, affari, cultura Blog Politics sì alle sanzioni su Putin e linea del fronte congelata
Politics

sì alle sanzioni su Putin e linea del fronte congelata


Una giornata che si preannuncia da cardiopalma. Un summit nel cuore dell’Europa che segna una cesura. Giorgia Meloni ha già iniziato a limare il discorso per un mercoledì di fuoco con le opposizioni in Parlamento, quando tornerà alla Camera e al Senato per le comunicazioni in vista del Consiglio europeo. Sarà l’occasione per dare un segnale.

A partire dalla guerra in Ucraina che ha ripreso a scalare l’agenda internazionale, dopo l’acceso bilaterale tra Zelensky e Trump e il summit con Putin in Ungheria che incombe all’orizzonte, fra mille incognite. Sarà un segnale di sostanziale continuità, quello racchiuso nello speech della premier in aula e nella risoluzione di tutto il centrodestra. Ovvero: l’Italia continuerà a sostenere gli aiuti militari a Kiev, voterà a favore delle sanzioni alla Russia al vertice europeo. E pensa anche, così spiegherà la leader, che nessuna concessione territoriale si possa fare «sulla pelle del popolo ucraino».

Meloni e il sostegno a Kiev

Di fatto un distinguo dalla posizione trapelata dal teso vis-a-vis di Trump e il presidente ucraino nello Studio Ovale. Con quella richiesta del Tycoon — l’Ucraina ceda l’intero Donbass a Mosca, inclusi i territori non ancora conquistati — che suona come un diktat e piace molto allo “zar” russo. Meloni resta più prudente. Preme per un cessate-il-fuoco immediato e crede che le trattative per la pace, o per la tregua, debbano partire da un “congelamento” dell’attuale linea del fronte. Insomma: impossibile riconoscere a Putin quel che non ha conquistato nemmeno sul campo in tre anni di aggressione armata.

I distinguo

Questi i paletti italiani. Convivono però con una linea sempre più pragmatica del governo sul futuro della guerra, dietro le quinte. E una certa preoccupazione espressa ai tavoli europei, nelle interlocuzioni con le cancellerie alleate e nei conciliaboli della premier con i suoi più stretti collaboratori. Proprio come ha fatto di fronte la guerra a Gaza, Meloni non intende “sganciarsi” dall’iniziativa diplomatica americana. Lo ha ribadito agli alleati europei e allo stesso Zelensky in una call nel week end: in questa fase frenare la spinta di Trump per chiudere il conflitto ad Est non solo è velleitario, ma controproducente. È un concetto che, su forte pressing della Lega, entrerà nella risoluzione del centrodestra. Per questo il governo italiano è pronto a partecipare a un eventuale summit tra Russia e Usa a Budapest, anche se a ospitarlo sarà il filorusso Orban, un “arbitro” poco credibile. «Dobbiamo essere pragmatici…» spiegava ieri il ministro degli Esteri Antonio Tajani.

E per lo stesso motivo Palazzo Chigi ha vissuto con freddezza l’annuncio di Emmanuel Macron, ieri in Slovenia, di un nuovo vertice della Coalizione dei Volenterosi in programma a Londra giovedì prossimo (prevista a breve anche una riunione dei Consiglieri per la sicurezza nazionale). Meloni ancora non ha chiarito se intende presenziare e non è escluso che si connetta a distanza. Ma le preoccupazioni a Roma non finiscono qui. Mentre il Consiglio affari esteri Ue trova la quadra e annuncia lo stop alle forniture di gas russo, c’è un altro fronte che vede al lavoro la nostra diplomazia: le sanzioni a Mosca. Da tempo l’Italia nutre dubbi sulla proposta, sul tavolo del summit Ue, di usare gli asset russi congelati in Europa — valore stimato: 300 miliardi di euro — per sostenere l’Ucraina alle prese con la guerra. Una confisca tout-court dei beni finanziari russi bloccati dall’Ue dall’inizio del conflitto costituirebbe un precedente «pericoloso» sul piano legale. Senza contare che “girare” a Kiev i fondi russi sotto forma di prestito costringerebbe i Paesi europei a farsi carico di onerosissime garanzie.

I DUBBI SUGLI ASSET

Stime approssimative prevedono per l’Italia un contributo tra i 15 e i 20 miliardi di euro, spalmati nei prossimi anni. Una zavorra sui conti pubblici insostenibile. Come uscirne? Una soluzione che potrebbe avere il placet italiano, confluita nella conclusioni del Consiglio, è dividere in diverse tranches il prestito a Kiev.

In aula, dicevamo, Meloni proverà a tenere la barra dritta. Delle promesse di Putin, è il senso dell’arringa di domani, non «ci si può fidare», di Trump e degli sforzi americani sì: non c’è scelta. Ad attenderla in aula lancia in resta le opposizioni che chiedono spiegazioni sul video (fake) ripostato da Trump sui social dove si parla di una presunta trattativa tra la premier e il leader Usa per scaricare l’Ucraina e siglare un accordo a due sui dazi. Nulla di vero, tagliano corto da Palazzo Chigi alla vigilia dello showdown.


© RIPRODUZIONE RISERVATA


Commenti e retroscena del panorama politico
Iscriviti e ricevi le notizie via email

Exit mobile version