26.06.2025
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Politics

Separazione delle carriere, opposizioni all’attacco. Casini si smarca: «Mi astengo»


Per le opposizioni è un «guinzaglio alla magistratura», messo in atto con un «grave strappo democratico». Per la maggioranza una «riforma di civiltà», che prelude alla «fine dell’uso politico della giustizia». Approda in aula al Senato la riforma della separazione delle carriere targata Carlo Nordio, ed esplode la tensione. Perché dopo quasi sei mesi in cui la riforma è rimasta in commissione il centrodestra vuole accelerare. L’obiettivo è quello di incassare il via libera di palazzo Madama al ddl costituzionale – che punta a dividere i percorsi di giudici e pm e sdoppia il Csm – entro la prossima settimana. O comunque «non oltre la fine mese», chiarisce chi segue il dossier. Anche a costo di ricorrere al “canguro”, ossia al taglio – drastico – degli emendamenti: 1.363 quelli già presentati, in gran parte da Pd, M5S e Avs. La roadmap della maggioranza prevede poi di chiudere la seconda lettura tra Camera e Senato entro l’inizio dell’anno prossimo. Infine il referendum, che secondo il titolare dei Rapporti col Parlamento Luca Ciriani potrebbe svolgersi in primavera.

LO SCONTRO

Insomma: tempo da perdere non ce n’è. E così ieri la riforma, che la maggioranza non esita a definire di portata «epocale», è arrivata in aula senza relatore: di fatto, senza aver chiuso prima l’esame in commissione. Con quella che per il Pd è una «forzatura gravissima senza precedenti»: «Non si è mai visto – affonda il capogruppo dem Francesco Boccia – che una riforma costituzionale si faccia a scatola chiusa». Un’accelerazione che «dimostra l’idea autoritaria che la destra ha del potere». Replicano per le rime Fratelli d’Italia e Forza Italia, che accusano le opposizioni di ostruzionismo. «Dal 29 gennaio – ricorda il presidente della commissione Affari costituzionali di FdI Alberto Balboni – si sono tenute 32 sedute di commissione, 6 di Ufficio di presidenza, 29 audizioni». E ancora, continua l’esponente meloniano: 27 interventi in discussione generale, 122 durante la discussione degli emendamenti, 250 in dichiarazione di voto. «Cercano in ogni modo di far saltare la legge», sferza il forzista Enrico Costa, denunciando «l’asservimento» di dem, 5S e rosso-verdi alle correnti della magistratura.

LE PREGIUDIZIALI

Intanto – archiviato un primo battibecco quando esponenti di FdI si avvicinano a Nordio durante l’intervento della senatrice di Iv Dafne Musolino – si moltiplicano gli iscritti a parlare: nel Pd tutti i senatori si mettono in lista per intervenire, nel M5S lo fanno in 14. Prima, però, vanno votate le pregiudiziali di costituzionalità del centrosinistra, secondo cui il ddl è in contrasto con la Carta. Dubbi che però vengono respinti dal voto (110 no e 52 sì). Si astiene, in dissenso dal gruppo, Pier Ferdinando Casini, indipendente eletto nelle file del Pd. «La separazione delle carriere – osserva l’ex presidente della Camera – esiste già di fatto, in ragione delle riforme introdotte nella precedente legislatura, in forza delle quali è possibile un solo passaggio in tutta la carriera del magistrato da una funzione all’altra. Non è dato dunque di comprendere la ragione per cui esisterebbe una violazione della norma costituzionale». E ancora: «L’introduzione della separazione delle carriere non comporta un vulnus all’architettura costituzionale», dal momento che «la riforma si colloca nel solco del giusto processo». Altra cosa, sottolinea Casini, è «il merito» del ddl, che secondo il senatore «più che eliminare il protagonismo delle procure rischia paradossalmente di rafforzarlo».

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