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«Se non corre Roma non corre l’Italia. Servono subito fondi e maggiori poteri»


Una «sfida epocale» da vincere. Quella di una Capitale che possa competere ad armi pari con le altre grandi città d’Europa e del mondo. Con la certezza che «se non corre la Capitale, non corre il Paese». Ne è convinto, Matteo Salvini: il rilancio dell’Italia passa dal rilancio di Roma. A cominciare dal suo sviluppo infrastrutturale, come dimostrano i «4 miliardi di euro che abbiamo investito» per la realizzazione della metro C, il terzo collegamento metropolitano della città «i cui cantieri – scherza Salvini, ospite all’evento del Messaggero “l’Italia si trasforma — una sfida Capitale” – li sto seguendo a livello di stalking». 

Ma c’è un’altra sfida decisiva su cui per il numero uno leghista occorre accelerare, per riconoscere alla città lo status che merita. È la partita dei poteri speciali per Roma, con il disegno di legge costituzionale attualmente in corso di limatura tra il ministero delle Riforme e i parlamentari della maggioranza. Un ddl che «deve essere immediato, fatto velocemente», esorta Salvini. Convinto che «vanno definite le competenze e i denari conseguenti che spettano a Roma per una diversa organizzazione». Poteri e fondi, insomma. E «non perché – argomenta il vicepremier – qui c’è il Giubileo o perché stiamo investendo una quantità di denari senza precedenti» sulla città in quanto a opere pubbliche. Ma perché «Roma non è Milano, che ha un settimo della sua superficie; non è Napoli, non è Torino: Roma è Roma, è la Capitale». E dunque deve poter contare su strumenti adeguati, anche a livello amministrativo. «Un sindaco che gestisce una città come Roma è in difficoltà se non ha i poteri normativi del caso», osserva Salvini. «E sono convinto che la sfida la possiamo vincere se ognuno svolge il suo compito senza ideologie. Se non corre Roma – chiosa – non corre l’Italia».

L’ALTRA PARTITA

Un disegno, quello della centralità della Capitale nel Paese, che per il ministro dei Trasporti non è in conflitto con l’altra grande partita cara alla Lega, l’Autonomia differenziata. La riforma targata Roberto Calderoli e promulgata dal Quirinale, dopo il sì dei due rami del Parlamento tra le proteste delle opposizioni e i leghisti che esponevano i vessilli delle regioni. «L’autonomia – assicura il vicepremier, il cui intervento è introdotto sul palco dal direttore Guido Boffo – è una grande opportunità per quelli che osano e guardano al futuro, come chi fondò il Messaggero due secoli fa». Una riforma che, ribadisce Salvini, potrà portare benefici «non tanto per la Lombardia, che già dal mese prossimo potrà venire a contrattare col governo nove delle 23 competenze che la Costituzione ti mette a disposizione», ma per tutte le regioni, compresa la Calabria». Il cui governatore, Roberto Occhiuto di Forza Italia, «ha però espresso più di una perplessità. Invece è un incentivo a gestire meglio le risorse, nessuno ci perde un centesimo». Quel che è certo è che i risultati della nuova ripartizione di competenze tra Stato e regioni andranno misurati in concreto, a partire dal lavoro del governo sui livelli essenziali delle prestazioni da assicurare da Nord a Sud e dal vaglio del parlamento sulle singole intese. «L’anno prossimo alcune regioni avranno già aperto la trattativa e potremo verificare i risultati in positivo», concede Salvini. Ma – sottolinea – «senza depauperare la Capitale». 
Il vicepremier ne fa un «ragionamento di convenienza, se non di convinzione. Per me – assicura – sono entrambe, e lo dice uno che ha cominciato la sua carriera politica non pensando di fare il vicepresidente del Consiglio e ministro dell’Infrastruttura, iscrivendosi al suo momento politico nel 1990, quando non solo Roma era lontana, ma anche Firenze lo era». La sfida, insomma «si può vincere, io sono ottimista». 

ALZARE LA VOCE

Così come per il leader del Carroccio bisogna giocarsi fino in fondo la partita degli investimenti da «mettere a terra», perché «spesso le risorse ci sono ma non si riescono a spendere». Un problema non da poco, perché «lo sviluppo infrastrutturale è un prerequisito per lo sviluppo del Paese». Nonostante le proteste dei «no a tutto». «Minoranze negative per cui ogni cantiere è una sciagura. Chi crede nel futuro del Paese, invece, ogni tanto deve alzare la voce», esorta Salvini. «E io vorrei che “i romani del sì” si facessero sentire», contro chi vuol boicottare lo sviluppo e pure contro «quei quattro imbecilli che hanno imbrattato la scalinata di piazza di Spagna per difendere l’ambiente». 
Osare, insomma, è la parola d’ordine. «Quando osi, quando il punto di caduta è mirare verso l’alto e non guardare al basso, ti tiri dietro tutto il vagone». Infine, una nota a margine su un’altra questione che la Capitale la riguarda da vicino, quella dei taxi. «Le scene che si vedono a Termini non sempre sono degne di una città europea. Ma – promette Salvini – conto di arrivare a fine mandato offrendo un servizio all’altezza di quello che i cittadini si attendono». 

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