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«Scendiamo in piazza a difesa dell’Occidente»


Non passa lo straniero, a Pontida. Lo gridano le magliette nere dei giovani lighisti veneti, in omaggio alla canzone del Piave. E lo ripetono dal palco, uno dopo l’altro, Roberto Vannacci e Matteo Salvini. «Remigrazione», è il leitmotiv sul sacro pratone leghista: «A casa chi non si integra». Anche con la forza, se necessario, sul modello delle deportazioni trumpiane degli irregolari. È un crescendo, tra il generale e il “Capitano”. Il primo mette nel mirino la «società meticcia», «l’islamizzazione delle nostre città», lo «straniero che ruba e rapina». Cita Manzoni, “Marzo 1821”, l’ode contro il dominatore austriaco: «Oggi il germano non c’è più ma c’è il musulmano», arringa dal palco. E propone di far studiare nelle scuole, oltre al giuramento di Pontida, «gli eroi della Decima Mas».

IL CAVALLO DI BATTAGLIA
Anche il vicepremier rispolvera il cavallo di battaglia: «Il nostro obiettivo è blindare i confini, sempre che qualche magistrato politicizzato non ci fermi. Il fanatismo islamico – scandisce Salvini – non è compatibile con le nostre leggi». Una battaglia che scalda i cuori, tra le migliaia di militanti che affollano il “sacro suolo” (reso un po’ meno capiente dal maxi tendone in cui si cuociono polenta, pizzoccheri e “pane e godeghì”). Come testimonia l’ovazione che accoglie un’altra vice, Silvia Sardone, quando grida che dei clandestini «ci siamo rotti i cogl…». E pure del velo islamico, un «sacco della spazzatura», motivo per cui al governo serve «più coraggio». Ed è proprio su questo fronte che il Carroccio chiama la piazza. Annunciando una maxi mobilitazione per il 14 febbraio: «La più grande manifestazione che si ricordi per la difesa dei valori, dei confini e della libertà della civiltà occidentale», la presenta Salvini.

E pazienza se il Capitano non può ancora rivendicare di aver tenuto il Veneto per il Carroccio («se il candidato non sarà della Lega sarà un problema», ammonisce Luca Zaia, che come Vannacci non riesce a fare due passi senza essere assediato dai fan). Né può ancora vantare di aver avverato la promessa dell’autonomia differenziata, che comunque – assicura Calderoli – sarà realtà «a dicembre, con le prime intese». L’elenco dei risultati è comunque lungo: dalla separazione delle carriere «promessa per decenni» (ogni sede leghista sarà trasformata in un comitato per il Sì al referendum di primavera) al Ponte sullo stretto, sul quale però la folla resta timida. E poi la rassicurazione: «Non manderemo mai nostri figli e nipoti a combattere in Ucraina, non siamo in guerra contro nessuno». Con buona pace di «capetti e mezzi leader europei» come Macron «che vogliono la guerra per nascondere i disastri in casa loro». L’altolà del Capitano è forte e chiaro: «No all’esercito europeo, no al debito europeo per comprare missili e carri armati». Altro campo di battaglia, la manovra: «Flat tax per tutti, contributo dalle banche e rottamazione di 160 milioni di cartelle esattoriali» («Magari!», si leva la voce di una militante).

Prima di lui, sul palco, era toccato a Jordan Bardella, il delfino di Marine Le Pen arrivato da Parigi per «l’amico Matteo»: «L’Italia è paradossalmente più stabile della Francia». Santiago Abascal di Vox manda un videomessaggio, come lo speaker Usa Mike Johnson. Dal Brasile è atterrato Flavio Bolsonaro, figlio dell’ex presidente condannato («Free Bolsonaro», recita uno striscione): «State alimentando odio contro di noi – il messaggio ai giudici – noi difendiamo la libertà, la democrazia».

Un no all’odio che riecheggia nell’intervento di Salvini. Che omaggia Berlusconi e Bossi e dedica «un minuto di applausi» a Charlie Kirk. Ben presto però il rifiuto del linguaggio violento torna a cedere il passo alla provocazione. Ecco Vannacci: «Ce ne freghiamo – sferza il generale dal palco – se ci chiamano estremisti, i veri estremisti sono loro, che pretendono di accogliere tutti i disperati della terra». Poi cita il giuramento di Pontida e affonda: «Lo straniero non è quello per cui vorrebbero farci spendere 800 miliardi in armi. Lo straniero ci ha già invaso, è quello dei porti aperti e che purtroppo molto frequentemente stupra, ruba e rapina e che vuole imporre la sua cultura alla nostra millenaria». Parole che scatenano la reazione delle opposizioni. Così come indignano Pd e M5S i cori contro i meridionali di un gruppetto di giovani padani («Vesuvio erutta, tutta Napoli distrutta»). «Cori da stadio volgari e stupidi da parte di pochi, che certo non rappresentano le decine di migliaia di persone che erano a Pontida da tutta Italia e da tutta la Campania», la replica via Bellerio.

© RIPRODUZIONE RISERVATA


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