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Beppe Vessicchio? No, Peppe, con la P. Lo chiarisce subito a Libero Giuseppe Vessicchio, il direttore d’orchestra che ha fatto per anni la storia del Festival di Sanremo. Per lui parlano i numeri: oltre 30 i Festival ai quali ha preso parte, il primo nel 1986. E poi centinaia sono invece le canzoni musicate e arrangiate, decine le direzioni. Per lui Sanremo è «la felicità. Prima delle canzoni l’atmosfera che si respira sempre attorno all’Ariston, gli incontri, le conoscenze, le cene notturne fra amici e le risate».
E il primo non se l’è mai dimenticato. «Fu un’esperienza memorabile perché non c’era ancora l’orchestra dal vivo e i cantanti si esibivano su base registrate. Arrangiai Canzone triste di un giovane che si chiamava Adelmo Fornaciari. Ovvero Zucchero. Ero contento perché vedevo già Adelmo come un sognatore, un artista che voleva abbracciare il mondo con la propria musica. Oggi i giovani sono molto più pragmatici, lo impone il mercato. Sognano meno».
E poi c’è l’uso smisurato dell’autotune. «Un congegno che permette a chi non ha le qualità vocali di dire la sua, semplificando le cose. Purtroppo, in egual misura, dismette un possibile talento del canto. Livella tutto, come diceva Totò. Rischia di tribalizzare un risultato».
Al quotidiano Libero poi arriva la bomba di Beppe Vessicchio che non considera più Sanremo come il Festival della canzone italiana «No, affatto. Negli ultimi anni lo è dei cantanti, della loro scenicità, della loro faccia. Un tempo si sceglievano le canzoni e poi le si abbinavano all’interprete, Oggi, il contrario».
Poi parla di Carlo Conti e delle sue scelte: «Ha fatto ascolti migliori di quelli di Amadeus. Avevo dubbi sui 29 cantanti in gara ma mi rendo conto che conta il cast.
Un tempo Sanremo lanciava nuovi artisti, ora si appoggia su quelli che vanno forte sul web. Vive su di loro».
E a proposito di conduttori. «Ho un ricordo troppo vivo di Baudo. Non per nostalgia ma perché Pippo è un musicista, uno che durante le prove poteva anche stravolgerti un brano perché lo ritiene poco idoneo. Ci fece cambiare tutto il finale di Con te partirò. E aveva ragione lui». Il Sanremo più divertente? «Quello di Raimondo Vianello»
Ma come sempre non è tutto da buttare. «Quest’anno un segnale forte è venuto da Lucio Corsi, partito da piccoli club è arrivato sul podio all’Ariston meritandosi poi l’EuroVision».
Parlando dei suoi Festival, delle sue emozioni ricorda le prove pomeridiane Whitney Houston o Ray Charles, poi ricorda il momento divertente con Elio e le Storie Tese, e poi c’è spazio anche per un momento romantico: «Anno 1990, il Festival uscì eccezionalmente dall’Ariston e fu organizzato al Palafiori. Ero il direttore d’orchestra di Mia Martini e di Mango».
Oggi si augura che la Rai possa rilanciare il festival di Castrocaro: «Sono nella giuria di qualità ed è la prima cosa che mi auguro. Un tempo il percorso era quello: da Castrocaro a Sanremo. E magari oltre. Basta pensare a Laura Pausini».
Forse in pochi sanno che Peppe Vessicchio ha cominciato da cabarettista, ha girato un film comico ed era nel primo cast di Amici di Maria De Filippi: «Un’esperienza fantastica, Maria de Filippi è un genio della televisione. Venni chiamato per giudicare e capire se, fra i giovani aspiranti cantanti, ce ne fosse uno bravo. La selezione fu spietata, solo l’8% degli esaminati andavano avanti.Mai creare delle false illusioni, mi dicevo».
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