«Siamo a conoscenza della situazione e in contatto con le autorità italiane». La Commissione europea sceglie, come di consueto, la linea diplomatica quando interpellata sulla pronuncia del tribunale di Roma che, venerdì scorso, ha invalidato — sulla base di un principio giuridico chiarito tre settimane fa appena dalla Corte di Giustizia dell’Unione — i decreti di detenzione delle 12 persone migranti provenienti da Egitto e Bangladesh nel centro albanese di Gjader.
GLI STANDARD
A proposito delle strutture al di là dell’Adriatico nate con il protocollo sottoscritto tra Roma e Tirana (citate espressamente dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen nel dibattito sulle «soluzioni innovative» allo studio dell’Ue), la portavoce dell’esecutivo Ue in materia di migrazione e affari interni ha ricordato che le misure devono sì «rispondere al diritto nazionale» (italiano, ndr), ma «devono essere conformi al diritto dell’Ue e non devono indebolirlo», in particolare quanto agli standard legati alla protezione internazionale. Bruxelles ha poi ricordato, come riportato domenica su queste pagine, che non c’è (ancora) una lista-ombrello europea di Paesi considerati sicuri. L’adozione della prima nel suo genere, elaborata dall’agenzia Ue per l’asilo (Euaa) è prevista dal nuovo Patto per la migrazione, che però si applica solo a partire dal 2026, anche se è in corso un pressing generalizzato tra i governi per anticipare questa data, perlomeno su alcuni fronti, compresi rimpatri più efficaci. Oggi esistono unicamente elenchi nazionali stilati da alcuni tra i 27, e ispirati alla definizione comune contenuta in una direttiva del 2013 (è ritenuto sicuro lo Stato per cui «si può dimostrare che non vi è generalmente e costantemente persecuzione, né tortura o trattamenti disumani o degradanti, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale»).
LA PROCEDURA ACCELERATA
La provenienza da un Paese sicuro costituisce uno dei prerequisiti per seguire la procedura accelerata di frontiera, applicata nel centro albanese. La futura lista Ue degli Stati da considerare non a rischio potrà, oltretutto, designare dei Paesi come sicuri anche limitatamente ad alcune porzioni del territorio o categorie di persone (superando, quindi, i paletti stabiliti a inizio di questo mese dalla Corte Ue a norma alla legislazione vigente). Avere un elenco Ue viene visto come un modo per superare «alcune divergenze tra le liste nazionali». Questo perché, anche in futuro, alle capitali Ue si darà comunque la possibilità di definire i propri elenchi nazionali e di ampliare la selezione Ue aggiungendo ulteriori Paesi (fermo restando che la valutazione delle domande di asilo si effettua caso per caso).
Se sulla migrazione i governi sembrano uniti dal proposito di rafforzare la linea dura, le forze politiche Ue continuano invece a spaccarsi in aula. Il tentativo di inserire nell’agenda della plenaria del Parlamento europeo, iniziata ieri a Strasburgo, un dibattito sulle «conseguenze della sentenza del tribunale di Roma in merito all’accordo tra Italia e Albania» è stato bocciato dall’asse compatto dei popolari (partner principale dell’euro-maggioranza targata von der Leyen) con la destra anche estrema che si trova invece all’opposizione.
I DUE FORNI
Confermando la propria strategia dei due forni che rischia, tuttavia, di aprire crepe nella coalizione, il Ppe ha votato contro la richiesta presentata dai verdi (e sostenuta da socialisti, liberali e sinistra) insieme a conservatori di Ecr, patrioti e sovranisti di Esn, delineando i contorni di una maggioranza di destra per la terza volta in appena un mese. Già prevista in calendario, domani gli eurodeputati discuteranno invece della stretta sui rimpatri.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Leave feedback about this