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quali prodotti si possono vendere e dove. Ecco cosa cambia


La cannabis light, non è una droga, almeno se si considerano i prodotti a base di cannabidiolo (Cbd). Questa la motivazione di fatto con cui il Tar del Lazio ha sospeso il decreto del ministero della Salute dello scorso 27 giugno che prevedeva una netta stretta su questa sostanza. Può essere un monito al governo, che però con il Ddl Sicurezza, che sta per approdare in Parlamento per la discussione, prevede di rendere illegale tutto il business della cannabis light.

Ma cosa significa questa decisione del Tar nel concreto? Il ministero, guidato da Orazio Schillaci, aveva inserito il Cbd nella tabella B dei medicinali stupefacenti, cosicché potesse essere prodotto solo da case farmaceutiche autorizzate a trattare sostanze stupefacenti. In questo modo si era limitato l’accesso del prodotto al consumatore perché per ottenere prodotti con questa sostanza, avrebbe dovuto avere una ricetta medica molto particolare. Il Cbd è il principio attivo della canapa riconosciuto dalla medicina e dall’Organizzazione mondiale della sanità come non psicotropotra (cioè non drogante), ma anzi con effetti calmanti e in alcuni casi anti-dolorifici. Sono quindi salvi tutti i prodotti a base Cbd (derivati dai fiori). Sostanzialmente creme e prodotti alimentari a base Cbd, venduti nei negozi di cannabis light o anche nelle tabaccherie. Rimane però in discussione, come detto, una stretta ben più ampia.

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