Il nome di Raffaele Fitto in Europa sembra mettere quasi tutti d’accordo, almeno in Italia. Poco importa che l’ex ministro per gli Affari Europei faccia parte di Fratelli d’Italia, il partito della premier Giorgia Meloni che non ha votato Von der Leyen alla Commissione Ue.
Anche perché è stata proprio la presidente rieletta a proporre a Fitto una vicepresidenza esecutiva, scatenando la reazione dei socialisti europei, che sull’italiano hanno posto un vero e proprio veto minacciando di togliere il sostegno a Von der Leyen.
Il sì di Weber e il veto dei socialisti
L’endorsement a favore del meloniano è arrivato pure dal presidente del Ppe Manfred Weber, che ha detto: «Il mio amico Raffaele Fitto è pienamente sostenuto da Antonio Tajani e sono d’accordo con il presidente Mattarella quando, a giugno, ha detto che «nell’Ue non si può trascurare l’Italia». Per il Ppe è chiaro: l’Italia deve essere ben rappresentata nella prossima Commissione europea, l’Europa deve rispettare i risultati ottenuti dal governo italiano su molte questioni europee».
Non tutti, però, la pensano così. Il nome di Fitto, è il ragionamento dei socialisti, porterebbe Ecr nel cuore dell’Ue, anche perché per lui si starebbe pensando a deleghe importanti come l’Economia e il Pnrr. Una scelta inaccettabile. Così, messa alle strette, la presidente della Commissione Von der Leyen avrebbe deciso di far slittare a martedì la presentazione della nuova squadra. Il diktat della Slovenia, pensa qualcuno, sarebbe stata solo una scusa.
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Il Pd apre a Fitto: la posizione di Zingaretti e Decaro
Se in Europa la posizione dei socialisti è perentoria, il Pd nostrano si trova invece di fronte a un dilemma: la scelta tra l’interesse nazionale e l’interesse di partito, in questo caso dell’intero comparto dei socialisti europei. Qualcuno tra i dem ha già deciso per il primo, come il capodelegazione europeo Nicola Zingaretti che — dopo il veto di S&D — ha dichiarato: «Noi ci siamo sempre augurati, e continuiamo a farlo anche dopo le scelte del governo italiano, che l’Italia abbia il giusto peso che merita e spetta a un grande Paese fondatore». L’ex presidente della Regione Lazio ha precisato: «Facciamo un appello a Fitto perché venga in Commissione a presentare il suo programma nello spirito del voto di luglio, mettendo da parte l’euroscetticismo».
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Una posizione simile a quella dell’eurodeputato Pd ed ex sindaco di Bari Antonio Decaro, che conosce Fitto da una vita e che su di lui aveva detto da subito: «Se deve andare qualcuno di destra, preferisco vada in Ue uno come Fitto, perché è una persona con cui abbiamo trovato soluzioni, risorse per le opere pubbliche e per la semplificazione».
Un concetto ribadito da Decaro in una recente intervista a Il Corriere della Sera: «Fitto può essere un buon rappresentante per l’Italia, l’ho sempre detto — ha spiegato l’ex sindaco di Bari — siamo avversari e ci siamo scontrati in tante occasioni anche a livello locale in Puglia, ma tutto si può dire di lui tranne che sia il prototipo del sovranista». Ma, ha aggiunto Decaro, «se va lì per rappresentare l’Italia va bene, se invece fa quello che dice Giorgia Meloni no».
Se i grandi nomi del Pd in Europa sembrano non avere dubbi, su Fitto la segretaria dem Elly Schlein ha scelto invece di temporeggiare. «Abbiamo detto che avremmo valutato attentamente deleghe e portafoglio», la sua posizione. Ma l’impressione è che i dem, messi di fronte a un bivio, abbiano già scelto l’interesse nazionale. E il nome di Fitto non sembra così irricevibile.
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