«Ho ricominciato a vivere nonostante per me non ci fossero più speranze», ricorda la violoncellista Rossella Zampiron, 49 anni, veneziana in cura dal 2021 presso il Centro di Ematologia dell’Umberto I guidata dal professor Maurizio Martelli per un aggressivo Linfoma B al quarto stadio. Una diagnosi che, in un primo momento, sembra essere una condanna a morte. Poi il medico le consente di portare in stanza il suo violoncello. Rossella è senza forze ma, nei pochi momenti in cui riesce a suonare percepisce quel suono come magico. La melodia diventa una medicina dell’anima e le da la forza di aprire le porte alla speranza.
Pensa che la musica l’abbia salvata?
«Si. La musica per me è gioia, vita, forza. Credo che sia servita per tollerare le cure che sono state durissime. Mi ha aiutata a non crollare e, in un certo senso, ha cambiato la mia sorte. Ora la malattia è in remissione».
Come ha scoperto il male?
«Nell’estate del 2021 cominciai ad avere dei fortissimi mal di testa. Feci infiniti controlli ma non si capiva cosa avessi. Nel frattempo iniziavo a perdere l’udito a destra. Mi dicevano cose assurde tipo che poteva essere stress da Covid o ansia. Continuai a girare l’Italia tra neurologi e accertamenti ma peggioravo di giorno in giorno. Non potevo più guidare, camminare e essere autonoma».
Quindi cosa ha fatto?
«Disperata faccio in concomitanza una risonanza e una Pet che, purtroppo, rivelano la presenza di una grande massa in un punto delicatissimo vicino al cervello. L’otorino, chirurgo specialista della base cranica, decide di operarmi urgentemente per capire di che natura fosse questa massa e l’esame istologico non lasciò dubbi: linfoma grandi cellule B quarto stadio aggressivo con localizzazione nel ganglio genicolato. Da Piacenza, dove ero stata operata, mi disse di correre a Roma dal professor Martelli».
È partita immediatamente?
«Si, il professore mi ha ricevuta dopo due giorni e, da quel momento, nonostante stessi malissimo, ho trovato il conforto vero di medici, infermieri e ausiliari. Io li chiamo la mia “Famiglia” perché per tantissimi mesi sono stata chiusa lì dentro per le terapie. Mio marito, i miei genitori e i miei amici li vedevo solo attraverso il cellulare o dalla finestra . Il percorso è stato lungo e complicato».
Poi però arriva la luce…
«Si il prof. Martelli, capendo l’importanza della musica nella mia vita, mi concesse di far arrivare nella stanza il mio violoncello. All’inizio non avevo la forza di suonare, ma vedere la custodia lì con me mi faceva sentire a casa, il violoncello è un pezzo di me. Man mano che il tempo passava e, nonostante la mia irrecuperabile sordità a destra, ho iniziato a suonare qualche minuto seduta sul bordo del letto e attaccata continuamente alle terapie ».
E ha cominciato a sentirsi meglio?
«Sentivo che mi faceva bene. Ricordo il piacere che provavo nel farlo. Il benessere mentale si irradiava in tutto il corpo. E poi che gioia quando sentivo gli applausi che arrivavano dalle altre stanze e dagli infermieri».
Poi però ha dovuto affrontare l’autotrapianto?
«Si, nell’agosto del 2022. Un’altra dura prova e anche la ripresa non è stata semplice. Ma posso solo dire grazie a tutta la equipe del prof Martelli, all’ Ail e alla ricerca scientifica senza la quale io non sarei qui. Il male è indubbiamente una cosa brutta ma, in questo percorso, ricordo tantissimi momenti belli e persone meravigliose che non finirò mai di chiamare “i miei Angeli”. Grazie per avermi donato una seconda vita».
Che messaggio vuole dare a chi sta combattendo?
«Mi avevano data per morta e senza nessuna speranza. E invece sono qui. Anche quando fanno una diagnosi nefasta bisogna convincersi che comunque ci sono delle strade. E’ importante mettersi nella condizione di essere ricettivi sia alle cure che ai consigli. Bisogna appoggiarsi agli altri e non chiudersi in sé stessi. Per me questa è stata la chiave vincente».
Ha già ricominciato a lavorare?
«Si. Certo non posso fare quello che facevo prima ma la musica è la mia passione e il mio lavoro. Ora ho delle invalidità permanenti che mi limitano molto ma la vita mi ha insegnato a non guardare a ciò che comunque non potrò più avere ma a quello che ancora ho. Come la vita e la musica».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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