La sicurezza sul lavoro è importantissima. OIC, la Fondazione Opera Immacolata Concezione nata a Padova 70 anni fa, ha deciso di promuoverla incentivando i dipendenti. Come? Con il “Premio Zero Infortuni” con ore regalate sotto forma di soldi da spendere nel welfare e, in occasione della consegna del premio, una grigliata di gruppo. «Tutto nasce durante la pandemia – racconta al Messaggero il direttore generale Fabio Toso della onlus impegnata nei servizi di assistenza alle persone, dai bambini agli anziani –. Abbiamo cercato un “modo” per mantenere alto l’impegno, anche dopo l’emergenza, in condizioni di normalità».
Fabio Toso, “Premio Zero Infortuni” in OIC: come funziona?
«È un riconoscimento assegnato a una residenza OIC ogni 6 mesi sulla base di una graduatoria frutto del rapporto tra il numero di ore lavorate e quello degli infortuni e della loro gravità. In altre parole viene premiata la residenza che ha l’indice infortunistico più basso, tendente a zero. Funziona un po’ come lo spread in ambito economico, più è basso maggiore fiducia hanno gli investitori; misura cioè se un’azienda è virtuosa in termini di sicurezza per i lavoratori».
Quando è nato il “Premio Zero Infortuni”?
«L’idea è venuta durante i mesi più duri della pandemia, a fine del 2020, quando ci si è accorti che nelle residenze diminuivano gli infortuni, non tanto perché si lavorava meno, anzi molto di più, ma si lavorava con maggiore attenzione. La differenza rispetto agli anni passati era l’elevata concentrazione che la situazione di emergenza richiedeva. Abbiamo così cercato un «modo» per mantenere alto l’impegno, anche dopo la pandemia e in condizioni di normalità».
Il Nobel per l’economia Robert Thaler ha teorizzato la “spinta gentile”: è così che si deve agire per stimolare le azioni virtuose al lavoro?
«Assolutamente sì. Thaler dimostra che per influenzare l’architettura delle scelte nei gruppi sociali funziona molto meglio un pungolo stimolante che qualsiasi intervento punitivo. L’attenzione del singolo professionista verso ciò che fa va premiata e deve essere giustamente riconosciuta. Essere presenti a sè stessi evita gli infortuni “schiocchi” che rappresentavano la quasi totalità degli infortuni in OIC negli ultimi anni. Il ruolo dell’agito del singolo lavoratore è determinante per la riduzione del rischio e va non solo a tutelare l’interesse appunto del singolo ma di tutto il gruppo di lavoro e, soprattutto, degli ospiti di cui ci prendiamo cura».
Allargando lo sguardo a tutta OIC, come si fa a gestire una Fondazione con 13 servizi, 1.604 collaboratori e 1.898 ospiti?
«La nostra Fondazione si articola in una rete di servizi dislocati in diversi territori del Veneto e in Friuli e, quindi, la necessità di riportare alla governace tutte le informazioni per le opportune decisioni organizzative rende indispensabile un sistema informativo e integrato che le sappia rendere disponibili in tempo reale. Inoltre, la grande disponibilità di dati ci dà la possibilità, attraverso un sistema di business intelligence, di monitorare l’andamento dei servizi così da migliorare continuamente la loro evoluzione. Il sistema integrato che ci ha fornito Zucchetti è in grado di supportare tutti i nostri professionisti nel condividere le informazioni relative al servizio di ospiti, integrando così le diverse attività a vantaggio del benessere delle persone fragili».
Da ultimo, i vostri collaboratori sono di 51 nazionali differenti: come fate a reclutare chi si prende cura dei vostri ospiti?
«Da molti anni ormai la nostra Fondazione include personale di diverse nazionalità e la loro professionalità dedicata al sostegno delle persone fragili è la vera chiave per l’integrazione umana e lavorativa. Vista la strutturale mancanza attuale e futura di risorse umane per l’assistenza a livello nazionale, in particolare infermieri e operatori sociosanitari, il nostro impegno per reclutare il personale dall’estero si basa sull’individuazione di relazioni costruttive con determinati Paesi per costruire dei percorsi di ingresso non estemporanei, ma continuativi in termini di numeri e di attitudini professionali. Questa è la chiave che ci sta guidando in collaborazione con le istituzioni nazionali e regionali».
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