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«Portiamo noi gli aiuti nella Striscia»


I telefoni, ai piani alti del governo, squillano all’impazzata nel cuore della notte italiana. Tarda sera a New York, dove la premier Giorgia Meloni, nel vortice dell’Assemblea generale Onu, viene informata in tempo reale. Con lei il ministro degli Esteri Antonio Tajani, in videocall il titolare della Difesa Guido Crosetto. Seguono contatti, nei minuti a seguire, con diplomazia, intelligence e vertici militari. La flotilla è stata attaccata.

L’AGGRESSIONE

Circa dieci i droni (indiziato numero uno: Israele) che hanno preso di mira le barche impegnate nella missione umanitaria. Hanno sganciato bombe “stordenti”, quelle usate dalle forze speciali durante i blitz. Ma anche agenti chimici in grado di danneggiare le barche a vela. Un gesto grave e nessuno, dalla premier in giù, ha dubbi su chi abbia attivato il telecomando. Il capo di Stato maggiore della Difesa Luciano Portolano, attivato da Crosetto, mette in moto la fregata italiana Fasan, in quel momento al largo delle coste di Creta. Scorterà fino a tarda sera le barche con italiani a bordo nelle acque territoriali greche, dove hanno trascorso la notte. Mentre il governo di Atene, tempestato di telefonate dagli equipaggi della Sumud Flotilla, attiva Frontex: una nave battente bandiera portoghese si avvicina alle imbarcazioni colpite, resta a disposizione per eventuali feriti. Sono ore frenetiche. Ai piani alti di Palazzo Chigi, come viene esplicitato poco dopo da Meloni, il giudizio sulla missione nel Mediterraneo degli attivisti pro-Gaza è severissimo. Più di quanto non sia la protesta formale con il governo israeliano, a cui comunque la Farnesina, in un round di contatti ieri sera, ha chiesto precise garanzie sull’incolumità degli equipaggi. Da giorni vanno avanti trattative riservate sull’asse Roma-Tel Aviv. Dopo una prima proposta avanzata da Israele ai naviganti della Flotilla, prontamente rifiutata: ovvero attraccare nel porto di Ashkelon, a venti chilometri da Gaza, e consegnare lì i beni umanitari per i gazawi, per poi fare marcia indietro.

Il piano B, di cui Tajani e il governo cercano di convincere gli italiani imbarcati da giorni, a partire dai quattro parlamentari connazionali a bordo, prevede di consegnare il carico di aiuti alimentari e umanitari anzitempo. Magari già nelle prossime ore, in Grecia. Con la disponibilità, anzi l’impegno — da parte italiana e con l’avallo delle autorità israeliane — che quel carico arriverà a destinazione attraverso i canali umanitari ancora funzionanti. Promesse vacue, accusano dalla Flotilla dove la maggior parte dell’equipaggio spinge per tirare dritto e forzare il blocco navale israeliano. Scenario, questo, che inquieta le autorità italiane in queste ore. Al governo israeliano è stato esplicitamente chiesto di non usare forza letale né ferire in alcun modo chi viaggia sulle barche della Flotilla. Il pessimismo però dilaga ai piani alti del governo. Complice il muro issato dalla controparte israeliana nei contatti degli ultimi giorni. Il governo Netanyahu è stato chiaro, perentorio. Se le barche proseguono verso le coste di Gaza, le forze armate israeliane le fermeranno con la forza. Un sequestro, sperano a Roma, anche se il timore di un’azione armata è reale. Potrebbero occuparsi del “blocco” le donne delle forze speciali israeliane. Di qui la trattativa in extremis con i naviganti italiani per chiedere di fermarsi, di consegnare ora il carico da portare a Gaza. Per ora con scarsi risultati.

IL GELO CON TEL AVIV

A Palazzo Chigi, si diceva, l’irritazione è palpabile come dimostrano le parole pronunciate ieri da Meloni. E c’è perfino chi, prendendo sul serio informazioni arrivate dall’intelligence israeliana in via riservata, sospetta che qualcuno, fra gli organizzatori di Flotilla, abbia concreti legami con Hamas, «all’insaputa degli italiani a bordo» spiega una fonte a Roma. I telefoni della diplomazia continueranno a squillare per evitare il peggio. Un’interlocuzione che si sta rivelando meno semplice del previsto. I rapporti tra Roma e Tel Aviv, man mano che Meloni ha virato verso la linea dura sulla strage di Gaza, segnano temperature assai gelide.


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