Sono 26 i rilievi, le richieste di integrazione e le segnalazioni di carenza nelle documentazione fatte dalla Corte dei conti e che, al momento, hanno comportato un stop tecnico al progetto del Ponte sullo Stretto. La magistratura contabile, mercoledì scorso, ha deciso di non registrare la delibera dello scorso agosto del Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipess), che approvava il piano economico-finanziario del progetto. Solo una volta note le motivazioni si capirà quali delle problematiche emerse durante l’iter sono alla base della scelta di negare la legittimità dell’atto.
Sia il governo sia la società Stretto di Messina spa, la in-house del ministero dell’Economia incaricata della gestione dell’opera, sono sicuri della bontà del proprio operato. «Avendo rispettato tutte le norme, saremo in grado di dare quegli ulteriori chiarimenti», spiega Pietro Ciucci, amministratore delegato della partecipata del Mef.
Tra i tecnici del governo la convinzione è di poter superare una buona parte dei rilievi formali e contabili, che spaziano dalle coperture economiche (salite a circa 13,5 miliardi di euro), alle le stime sul traffico oppure alla conformità del progetto alle normative ambientali e alle regole europee sul superamento del 50% del costo iniziale.
Un elenco dei punti sollevati dalla Corte dei conti e sui quali erano stati chiesti approfondimenti comprende inoltre il parere dell’Autorità dei trasporti, che si occupa delle concessioni e del sistema tariffario. Ci sono poi alcune voci di costo contestate, nonché il nodo della quantificazione degli oneri per il collegio consultivo tecnici e gli aumenti dei costi per la sicurezza. Sotto finiti sotto la lente anche aspetti della procedura Iropi, con cui il governo ha assoggettato il Ponte ai motivi di interesse pubblico per superare alcuni rilievi ambientali. Nulla che non si possa correggere in corsa, è il giudizio tra i tecnici governativi.
LA DIRETTIVA
Il nodo del superamento del 50% del costo del progetto è il tema più spinoso. In ambienti di governo e anche nella Stretto di Messina ritengono che non ci siano criticità. Da questa condizione tuttavia, dipende la scelta del 2023 di aver fatto ripartire tutto il progetto senza una nuova gara, riprendendo di fatto da dove il piano per realizzare un collegamento stabile tra Sicilia e Calabria si era interrotto quando nell’ottobre del 2012 il governo tecnico presieduto da Mario Monti decise di sospendere l’opera.
La direttiva europea sui contratti pubblici, spiegano le fonti, richiede una nuova gara quando i costi superano del 50% quelli iniziali. Fa però riferimento a rincari legati a varianti dei lavori. Nel caso del Ponte l’aggiornamento del costo per il contraente generale da 3,9 miliardi del 2011 a 10,5 miliardi di oggi è invece frutto dell’adeguamento all’inflazione. Il conteggio dell’aggiustamento parte peraltro dal giorno dell’assegnazione della gara fino alla delibera del Cipess, quindi arriva ad agosto. L’aumento, di fatto, è quasi tutto frutto dell’applicazione di clausole di indicizzazione dei prezzi anche per via degli aumenti registrato in particolare tra il 2021 e il 2023, che hanno riguardato tutte le opere infrastrutturali in corso di realizzazione. Nel corso degli anni ci sono state soltanto due varianti dei lavori. La prima riguarda il tracciato ferroviario con tre stazioni, come chiesto dal comune di Messina. Risale al 2011, tre anni prima dell’entrata in vigore della direttiva sugli appalti. La seconda variante è legata all’attuale progetto e vale circa 1 miliardo. Quindi non dovrebbe comportare scostamenti.
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