Dalle Dolomiti alla Capitale, ottobre per l’Italia è stato il mese dei data center.
Prima ServiceNow, società di software americana con sede a Santa Clara, ha annunciato l’apertura entro fine mese di due nuove strutture a Milano e a Roma. Poi il progetto di Trentino DataMine, che sotto le Dolomiti sta costruendo il primo data center europeo realizzato nella profondità di una miniera attiva: si chiamerà Intacture e vedrà la luce nel 2026. E dal 2 ottobre anche il Tecnopolo Tiburtino della Capitale, già sede di oltre 150 aziende che si occupano di innovazione, ha un nuovo data center. Si chiama “Hyper Cloud Data Center” ed è stato inaugurato da Aruba all’interno del suo Data Center Campus, un complesso di installazioni dedicate alle infrastrutture digital che si estende su una superficie di 74mila metri quadri. Di questi, 52mila saranno destinati esclusivamente ai data center. Cinque in totale quelli previsti nella bozza finale del progetto, il secondo è già in lavorazione e verrà ultimato entro i primi sei mesi del 2025.
LA “COLOCATION”
Aruba offre in questo e negli altri data center nazionali servizi di “colocation” (chiamata anche “housing”, è la possibilità di prendere in affitto una stanza privata o condivisa all’interno di un data center) alle aziende che scelgono di collocare al suo interno i propri server. L’approccio scelto dal gruppo – che con la nuova installazione rafforza il suo network di infrastrutture, che comprende già il Global Cloud Data Center di Ponte San Pietro e i due data center di Arezzo – è ancora una volta quello “carrier neutral”, che trasforma le nuove installazioni in snodi nevralgici su cui qualunque provider ne faccia richiesta potrà instradare i propri servizi. «Siamo convinti che questo data center, progettato per ospitare infrastrutture IT di aziende, pubbliche amministrazioni e altri operatori, contribuirà a rafforzare Roma come polo digitale di primaria importanza per l’Italia, diventando il fulcro di un ecosistema che promuove l’innovazione digitale e l’interconnessione dell’area del Mediterraneo, Medio Oriente e Asia con l’Europa», spiega Giorgio Girelli, general manager di Aruba Enterprise. I data center oggi svolgono un ruolo cruciale per l’economia digitale e sono a tutti gli effetti il centro nevralgico dei servizi online – cloud in primis – che utilizziamo quotidianamente e di quelli, come l’IA, che utilizzeremo a breve. È naturale quindi che la loro domanda sia destinata a crescere: secondo uno studio della School of Management del Politecnico di Milano, il mercato dei data center italiani potrà valere fino a 15 miliardi di euro nei prossimi anni, mentre solo lo scorso anno 23 realtà hanno annunciato l’apertura di 83 data center nel periodo 2023-2025. Tuttavia, non bisogna sottovalutare i costi operativi di questi mostri di potenza affamati di energia, che rappresenta da sola il 46% delle spese totali per i data center aziendali e il 60% per quelli dei service provider. Per contenere il problema, la roadmap di queste installazioni nasce già di design con uno sguardo al green e alla sostenibilità. «Il green-by-design è la base del nostro approccio – spiega Girelli – è la logica che adottiamo quando realizziamo i nostri data center: localizziamo aree in territori che forniscano risorse per la produzione di energia pulita proveniente da fonti rinnovabili, che nel caso del data center appena inaugurato sono l’idroelettrico e il fotovoltaico». Aruba, insieme ad altre cento aziende europee, è parte del “Climate Neutral Data Center Pact”, un’iniziativa di autoregolamentazione europea che ha l’obiettivo di rendere i data center climaticamente neutrali entro il 2030.
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