17.05.2025
12 Street, Rome City, Italy
Politics

«Pluralismo, no spartizioni». Ma per un possibile dialogo tra centrodestra e M5S si attenderanno le Regionali


ROMA Gli Stati Generali sulla Rai, sala Zuccari del Senato, sono il simbolo di una consapevolezza: se non ci si parla, tra maggioranza e opposizione, l’azienda di Viale Mazzini non può svolgere al meglio il suo ruolo, di servizio pubblico, e non riesce a darsi un presidente o una presidente (Simona Agnes? Resta saldamente in pole position) e quindi la pienezza della governance. La questione è così profonda che il presidente Mattarella ha sentito il bisogno di mandare un messaggio alle assise radiotelevisive promosse sia dal centrodestra al massimo grado (padrone di casa è il numero uno del Senato, Ignazio La Russa) e anche dal governo (con i ministri Giuli e Urso e con il sottosegretario delegato all’editoria, Alberto Barachini) sia dal vertice della Vigilanza, con la presidente stellata Barbara Floridia magna pars in questa occasione di confronto. Da cosa nascerà cosa? Ovvero, ci si parla e ci si capisce e magari alla fine, dopo le elezioni in Umbria e in Emilia Romagna e specialmente dopo l’assemblea ricostituente di M5S dove Conte varerà un partito non più grillizzato ma nemmeno al rimorchio del Pd, da questo percorso emergerà una convergenza tra il centrodestra e gli stellati, vogliosi di contare in Rai, capace di produrre Agnes presidente?

POLTRONE

Mattarella non entra naturalmente in questioni di poltrone. Gli sta a cuore però l’equilibrio: «Nel servizio pubblico ci sia pluralismo e non spartizione». Siano i cittadini che pagano il canone i referenti e non i partiti che lottizzano. Solo così la Rai può essere «cornice di libertà e spazio di inclusione». Parole sferzanti. E ancora: «In un tempo in cui la definizione del nostro orizzonte quotidiano passa attraverso algoritmi, per loro natura riduttivi della realtà a visioni conflittuali, il servizio pubblico ha il dovere di proporsi come strumento che ritrae e interpreta criticamente la complessità della realtà autentica, essenziale per percorsi di partecipazione democratica».

L’unico che osa fare una puntualizzazione è Maurizio Gasparri. Condivide le parole del Capo dello Stato e aggiunge: «Il principio del pluralismo è stato violato proprio dal partito a cui appartenne, prima della sua elezione al Quirinale, il presidente Mattarella, tramite la norma che fu voluta da Renzi, che affida per lo più al governo il potere di scelta sul Cda della Rai e che ora ci accingiamo a cancellare». Attraverso la legge di riforma presentata l’altro giorno da Fi su cui insiste il sottosegretario Barachini: «Occorre tornare alla centralità del Parlamento nella scelta della governance di Viale Mazzini».

RIFORME

I progetti di riforma dei vari partiti sono sul tavolo, e anche di questo — in assenza del Pd: aventinianissimo — si parla negli Stati Generali. Dove, in un confronto con Giovanni Floris, e Bruno Vespa a proposito di pluralismo osserva: «Proiettiamo qui in Senato quello che hanno fatto prima delle elezioni del 2001 Biagi con Benigni, quello che ha fatto Santoro e quello che ha fatto Luttazzi. Dobbiamo metterci d’accordo su quello che hanno fatto questi signori. Hanno impedito a me di fare una prima serata con Berlusconi e con Rutelli perché le prime serate di Rai1, Rai2 e Rai3 dovevano massacrare Berlusconi». Un’accusa a chi la tivvù l’ha spesso usata a fini propagandistici, mentre Vespa illustra il suo metodo che è diverso: «Io do la parola a tutti e garantisco così che il governo venga criticato». L’ad Giampaolo Rossi si concentra sul punto industriale: «La Rai si trova ad essere un’azienda che opera in un mercato, quello italiano, sempre più aggressivo e in rapida trasformazione, nel quale molti operatori globali sono entrati con volumi d’investimento notevoli e spesso senza vincoli. E si trova costretta a farlo non solo con molte meno risorse rispetto al passato ma anche vincolata ad una complessità normativa e burocratica che rende sempre più difficile svolgere il proprio ruolo di sostegno all’industria italiana». Politicamente, c’è da sbrogliare il nodo della presidenza. Il dg Roberto Sergio: «Spero si possa arrivare a una soluzione condivisa su Agnes». Questo dipende da M5S, e Floridia sta dando segnali così: «Agnes? Non è che non la voglia. Ma va fatta una scelta condivisa». Magari la condivisione arriverà dopo che M5S vedrà, nelle urne umbre e emiliano-romagnole, che l’abbraccio con il Pd porta male e occorre, una volta risolta la grana Grillo e ormai ci siamo, guardarsi intorno a largo raggio e non a campo largo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Leave feedback about this

  • Quality
  • Price
  • Service
[an error occurred while processing the directive]