Più controlli sulla filiera del telemarketing contro i truffatori, nuovi strumenti tecnici per stanare chi ci fa chiamate indesiderate e soprattutto una maggiore consapevolezza dei cittadini sulla condivisione dei dati personali, con la necessità di campagne informative anche mensili». È articolata la ricetta di Agostino Ghiglia, membro del Garante della Privacy, per provare ad abbattere il fenomeno del telemarketing selvaggio, con truffe che stanno diventando «sempre più tecnologiche e sofisticate». L’Authority ci lavora con il ministero delle Imprese, seguendo anche l’iter parlamentare dei disegni di legge in materia depositati in Parlamento. Si parte dal codice di condotta volontario sulle attività del settore approvato dal Garante, che sta per entrare definitivamente in vigore e da cui si attende «un primo netto miglioramento sulle chiamate illegali».
Quando arrivano le nuove regole e cosa cambia?
«Abbiamo approvato le norme e messo in piedi l’Organismo di monitoraggio: a novembre il codice dovrebbe diventare pienamente efficace con le adesioni dei principali player del settore. Per chi aderisce sono previsti: controlli su tutta la filiera del telemarketing, chiamate identificabili e solo dalle 9 alle 20, escludendo il weekend. Ma anche penali in caso di legami con società terze che utilizzano i call center abusivi. Se ci sono le aziende più importanti ci aspettiamo e auspichiamo che ci sarà un primo netto miglioramento sull’argine alle chiamate illegali».
Finora siete stati i soli a fare le multe ai truffatori, la più alta di 79 milioni. Ora il governo vuole rafforzare i poteri dell’Antitrust, vi aiuterà?
«La nostra attività, in generale, negli ultimi anni è stata incessante, con milioni di sanzioni. Ogni mese siamo sobbarcati da circa ottomila segnalazioni dei cittadini su presunte frodi, a fronte di meno di 200 lavoratori, di cui solo 90 funzionari che istruiscono le pratiche. Siamo meno della metà rispetto alle autorità consorelle nel resto d’Europa. Ci servono almeno altre 100 risorse, assumendo direttamente dalla Pubblica amministrazione o facendo nuovi concorsi, che però devono avere un orizzonte temporale di oltre un anno. Un supporto maggiore dell’Antitrust sarebbe il benvenuto, anche se bisogna stare attenti a non creare sovrapposizioni di competenze».
Nel frattempo come Garante lavorate a nuovi strumenti tecnici per aggredire il fenomeno?
«Le truffe e le pratiche di raggiro della legge sono sempre più tecnologiche e sofisticate. Stiamo lavorando, all’interno di un tavolo tecnico ad hoc, sulla possibile implementazione di un protocollo informatico per certificare le chiamate, sul modello statunitense e francese. Poi stiamo discutendo con le compagnie telefoniche per creare una banca dati condivisa, così da cercare di ricostruire da dove arrivano le chiamate indesiderato o illegali e se si tratta di numeri esistenti o meno. Se tutta la politica farà la sua parte presto avremo un ventaglio di soluzioni che possono aiutare ad arginare il fenomeno. Ma non lo abbatteremo mai senza aumentare la consapevolezza delle persone sull’utilizzo e la condivisione dei loro dati online».
Come farlo?
«Questa è la vera chiave di volta. I cittadini non devono essere “accettatori compulsivi” di cookie online. Prima di cedere i dati personali bisogna leggere e capire, perché dicendo “sì” si può rinnovare il consenso ad essere chiamati anche se prima ci si è iscritti al Registro delle opposizioni. Serve una campagna pubblica di informazione continua, anche mensile: il modello della fruizione di informazioni non può essere quello rapido e inconsapevole, come avviene spesso su Tik Tok. Noi abbiamo lanciato varie iniziative e l’Antitrust ha recentemente avviato una campagna con l’Arera sul teleselling aggressivo. Ora serve una maggiore collaborazione con le altre istituzioni, a partire dal governo».
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