10.10.2025
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Politics

Piano Usa, ok dalle Camere. Renzi e Calenda votano sì Pd, Avs e M5S si astengono


LA GIORNATA

ROMA Via libera. Dopo una serie di sfibranti stop and go, il Parlamento approva la risoluzione di maggioranza sul piano Trump per il Medio Oriente. Con l’opposizione che va in ordine sparso ma tutto sommato tiene, convinta che la priorità sia lanciare un segnale per la pace. E così il fronte progressista non concede il disco verde al governo ma nemmeno si mette di traverso: dopo lunghe riflessioni sull’appello della premier, decide di astenersi. Tolto qualche distinguo di peso: Calenda che non solo vota ma addirittura scrive e firma la mozione di maggioranza. E Matteo Renzi che tenta la mossa del cavallo: far convergere tutti sulla sua risoluzione, seminando il panico tra i dem. La dice lunga il fatto – utile per capire l’aria che tira – che i riformisti del Pd (4 alla Camera, 3 al Senato) abbiano seguito l’ex premier, sposando la sua mozione e approvandola in dissenso dal resto del gruppo. In una giornata che l’opposizione scavalla a fatica.

Le risoluzioni di maggioranza sul tavolo, come da attese, sono state due. Una, invotabile per Pd e compagnia, sul riconoscimento dello Stato della Palestina “condizionato”, vale a dire subordinato all’eliminazione di Hamas e alla liberazione degli ostaggi. L’altra — quella su cui il governo tenta il gioco di squadra con le opposizioni — sul piano Trump per la pace. Con il nome del presidente Usa sbianchettato dal testo perché ritenuto divisivo: obiettivo facilitare l’arduo compito delle minoranze di votare il testo di Fdi, Lega e gli altri. Turandosi il naso.

IL MESSAGGIO IN BOTTIGLIA DI IV

La giornata inizia in salita. Prima di entrare in Aula, convocata per le 9, Elly Schlein si ferma a parlare fitto fitto con Maria Elena Boschi. Iv vuole sparigliare: il messaggio in bottiglia che Renzi recapita ai dem è di esser pronto a votare la mozione targata Pd-M5S-Avs. In cambio chiede si voti il suo testo, su cui ha già incassato il sostegno del governo. Una bella grana per la segretaria dem, che tiene a fatica i riformisti, pronti a votare la mozione della maggioranza ma poi convinti, nella riunione andata in scena la sera prima, a ripiegare sull’astensione. Non è l’unico guaio. Da Copenaghen Meloni attacca a muso duro, nel mirino lo sciopero convocato da Cgil e Usb per oggi. Le sue parole rimbalzano tra gli scranni di Montecitorio e hanno l’effetto di uno schiaffo. Con il rischio di far saltare il banco o meglio di innescare il fallo di reazione: i 5 Stelle circondano Conte invitandolo a considerare il voto contrario. Ma il leader del Movimento tiene il punto. Da un lato — motiva la scelta — non si può votare contro un piano che, per quanto lacunoso, potrebbe fermare una carneficina. Dall’altro bisogna tenere fede all’impegno assunto con gli alleati. Anche nel Pd il nervosismo è alle stelle, sale ben sopra il livello di guardia. Quando la maggioranza – tentando una mediazione – si offre di votare l’articolo 2 della mozione di dem, Avs e 5 Stelle con riformulazione, Nicola Fratoianni propone di abbandonare l’Aula, provocando la reazione stizzita dei riformisti dem. Lorenzo Guerini va dritto: lasciate l’Aula e noi votiamo la mozione del governo, minaccia. Schlein, nervosissima, riesce a fatica a disinnescare la miccia. Ma quando prende la parola, la segretaria dem si toglie un sassolino dalla scarpa. «Presidente Meloni – dice mettendo la premier nel mirino – molli la clava e provi a fare la presidente del Consiglio di questo paese». Anche Conte rivolge al governo parole al vetriolo, mentre il ministro Antonio Tajani ne difende a spada tratta l’operato: «2400 tonnellate di aiuti consegnati alla popolazione civile: il nostro impegno nessuno lo può smentire».

“RISPARMIATO” CROSETTO

Eppure Pd, M5S e Avs riservano parole di miele a Crosetto, mentre inchiodano il responsabile della Farnesina sul banco degli imputati assieme alla premier. «Il vostro appello all’unità suona ridicolo – attacca Conte – Ma a quale unità vi appellate? Possiamo condividere il vostro operato? Ci espone alla vergogna storica», mentre «forse nei libri di storia gli scioperi, i cortei e la missione Flotilla ci salveranno l’onore». «Il piano di Trump – affonda Fratoianni – non è un piano di pace. Tutto ciò che può interrompere la carneficina è benvenuto, ma la pace è altra cosa». Lasciando l’Aula Bonelli gli fa eco, quasi giustificando la scelta di astenersi anziché votare contro: «Noi qui siamo al sicuro, a Gaza piovono bombe. Chi siamo per metterci di traverso?», chiede. Al Senato si replica, i timori dei vertici del Pd traspaiono dalla scelta di “silenziare” Graziano Delrio e lasciar parlare Susanna Camusso in discussione generale. Mentre Renzi in transatlantico gongola: «Il voto alla mia mozione? Io faccio politica…». Anche Pier Ferdinando Casini, eletto da indipendente nel Pd, vota a favore: sì alla risoluzione dell’ex premier nonché a quella di maggioranza. «Questo piano, che ci piacciano o no Trump e Blair — spiega — è l’unico piano che c’è. Ed è un piano approvato dall’Anp, dai Paesi arabi, dall’Europa. Gli unici che non lo vogliono sono Hamas e i ministri estremisti del Governo Netanyahu. Una convergenza piuttosto singolare, ma che dovrebbe indurre molti a delle riflessioni profonde». Touché.

Ileana Sciarra

© RIPRODUZIONE RISERVATA


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