05.10.2025
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Economy

«Piano triennale di incentivi». Il Pil in crescita grazie al Pnrr


L’INTERVENTO

ROMA Poche ore prima che il governo si riunisse a Palazzo Chigi per approvare il Documento programmatico di finanza pubblica, con all’interno lo “scheletro” della prossima manovra finanziaria, gli industriali hanno voluto lanciare un messaggio all’esecutivo. Serve, hanno detto, una «manovra che muova l’Italia». Tra le sale affrescate di Palazzo Colonna a Roma, Alessandro Fontana, l’economista a capo del Centro Studi di Confindustria, ha mostrato la fotografia aggiornata delle prospettive economiche italiane nell’analisi di Viale dell’Astronomia. La premessa d’obbligo è che i conti pubblici vanno bene. Più che bene. Il deficit, come certificato dallo stesso governo nel Documento di finanza pubblica, tonerà già quest’anno al 3 per cento. Il debito, seppure continua ad essere alto è sotto controllo. Ma a preoccupare il mondo dell’industria è altro. L’Italia sembra essere tornata in qualche modo, ad accontentarsi della crescita dello zero virgola, rinunciando a qualsiasi tipo di politica espansiva. Quest’anno, secondo le previsioni del Centro Studi, l’andamento del Pil si fermerà allo 0,5 per cento. Il prossimo anno non si andrà oltre lo 0,7 per cento. Risultati raggiunti, inoltre, grazie al contributo decisivo del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, che ha aggiunto 0,8 punti di crescita all’economia. Senza i fondi europei, insomma, già quest’anno davanti al Pil ci sarebbe stato un segno meno. La questione centrale per gli industriali, a questo punto, è cosa accadrà dopo il 2026, quando il Pnrr terminerà. Anche considerando, come ha sottolineato direttamente il presidente degli industriali, Emanuele Orsini, che alla fine di quest’anno andranno a scadenza tutti i principali incentivi pubblici di cui beneficiano le imprese: transizione 4.0 e 5.0, decontribuzione Sud, i fondi per la Zes. Questa incertezza pesa sulle scelte delle imprese, inducendole a rinviare gli investimenti. Orsini dunque, ha di nuovo chiesto al governo di mettere mano a un piano almeno triennale di incentivi del valore di 8 miliardi. Servirebbe per non rimanere indietro rispetto agli altri Paesi europei. La Francia, pur con tutti i suoi problemi di bilancio, ha programmato aiuti al sistema produttivo per 50 miliardi. La Germania tra investimenti per la difesa e infrastrutture farà pure di più. C’è anche un corollario del quale però è bene tener conto.

LE MISSIONI

I dazi di Donald Trump. Dietro questa politica, ha voluto ricordare Fontana, c’è l’obiettivo strategico degli Usa, di riportare in patria la produzione manifatturiera. Da qualche tempo a questa parte, ha spiegato Orsini, gli Stati americani fanno a gara a offrire incentivi alle imprese italiane per aprire stabilimenti nei loro territori. «I governatori», ha spiegato, «corrono dietro ai nostri imprenditori, vengono dall’America nelle riunioni a Fiorano per dire venite da noi a produrre dove paghi il gas 4 euro al Mwh e puoi tenere i forni a tutto gas». Diverse imprese della ceramica, o di altri settori energivori, potrebbero essere fortemente tentate. A tutto questo insomma, serve una risposta forte e immediata secondo gli industriali. Qualche impegno dal governo, rappresentato in forze all’appuntamento di Confindustria (c’erano il ministro del Made in italy Adolfo Urso, il vice ministro dell’Economia Maurizio Leo, il sottosegretario Federico Freni, Luigi Sbarra che ha le deleghe per il Sud), è arrivato. Sulla Zes Sbarra ha spiegato che «l’obiettivo e far fare un salto di qualita alla misura». In che modo? Rendendola il più strutturale possibile. Dal canto suo Adolfo Urso ha annunciato che il governo sta lavorando a una rimodulazione di misure (e risorse) sugli strumenti messi in campo finora e che non hanno funzionato come previsto (come Transizione 5.0), prevedendo di poter arrivare a rimettere in circolo quasi 30 miliardi di euro che serviranno a sostenere le imprese. Per sapere quanti di questi impegni sono scritti sulla pietra e quanti sulla sabbia, basterà poco. Il tempo di leggere tra le righe del nuovo documento di finanza pubblica.

Andrea Bassi

© RIPRODUZIONE RISERVATA


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