Il cantiere pensioni si muove. L’obiettivo principale è chiudere la stagione degli scivoli, dei pensionamenti anticipati concessi — complici le grandi crisi industriali — negli anni scorsi. Ma, parallelamente, il governo non ha neppure intenzione di inserire in Finanziaria una stretta sulle regole del sistema previdenziale. Sarà però mantenuto un grado di flessibilità di uscita compatibile con le finanze pubbliche. Per esempio, con il sistema dei contratti di espansione, che hanno un doppio pregio: quello di alleggerire i costi per lo Stato e di favorire il turn over nelle imprese.
Pensioni, aumenti nel 2025: quanto può valere la nuova rivalutazione? Cosa cambia e per chi
LE TAPPE
All’inizio della prossima settimana sono in programma i primi tavoli tra i ministeri sulla prossima Finanziaria, che dovrebbe cubare interventi per 25 miliardi. L’obiettivo resta confermare le principali misure introdotte lo scorso anno: il taglio al cuneo fiscale — un intervento dal valore di 11 miliardi di cui beneficia il 60 per cento dei lavoratori — e le tre aliquote Irpef, già finanziate con i fondi inseriti nel fondo per l’attuazione della delega fiscale. Senza dimenticare il progetto portato avanti al Mef dal viceministro, Maurizio Leo, di alleggerire anche le imposte per i redditi superiori ai 50mila euro l’anno, grazie ai soldi attesi dal concordato biennale preventivo.
Pensioni, verso l’addio agli scivoli anticipati: cosa può cambiare dal 2025. La road map
Tutti gli attori in campo — non soltanto il Mef — spiegano che per avere maggiore contezza sui contorni della manovra bisognerà attendere nelle prossime ore i dati dell’Agenzia delle Entrate sugli incassi fiscali — c’è già un tesoretto di extragettito garantito di quasi 10 miliardi di euro — e la Nota di aggiornamento al Def. Quel che è certo è che — al momento — non sono previsti interventi al capitolo pensionistico. E non è poco per i lavoratori, anche perché segnali in senso contrario non sono mancati negli ultimi mesi. Il sistema previdenziale è al momento solido, ma come ha chiarito l’ultimo Def la spesa è destinata a raggiungere i 337,4 miliardi a fine anno, per poi salire ulteriormente fino a quota 368,1 miliardi nel 2027, in un trend di crescita destinato ad aumentare fino al 2040. Senza dimenticare le parole pronunciate nel luglio scorso alla Camera dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ricordando i rischi legati alla denatalità.
I TIMORI
Il titolare del dicastero di via XX Settembre ha infatti segnalato: «Parliamo molto spesso in questa aula di pensioni, sarebbe il caso di cominciare a parlare di quello che è il trend demografico del Paese: nessun sistema pensionistico è sostenibile in un quadro demografico come quello attuale». Per concludere: «Non c’è nessuna intenzione di rinnegare la giusta aspettativa di pensionamento anticipato: quello che è stato fatto nell’ultima legge di Bilancio era quello che era possibile relativamente al quadro di finanza pubblica particolarmente complesso».
Per la cronaca, la Lega preme ancora per superare la legge Fornero inserendo Quota 41 con il ricalcolo contributivo al posto di Quota 103, mentre al Cnel, sotto la guida del presidente Renato Brunetta, si sta studiando una proposta più articolata per i prossimi anni. Ma al momento — anche perché le risorse per il capitolo previdenziale non supererebbero il miliardo e mezzo di euro — tutto fa pensare che non ci saranno sostanziali novità rispetto a quanto previsto dall’ultima manovra: per esempio l’età di ritiro per la pensione di vecchiaia resterà a 67 anni.
Per garantire un livello di flessibilità, che non penalizzi i conti pubblici, come detto il governo guarda a confermare l’istituto del cosiddetto contratto di espansione, che si rivolge alle imprese sopra i 50 dipendenti. E prevede un esodo anticipato fino a 5 anni dei lavoratori sopra i 60 anni, con assegno ponte a carico dei datori di lavoro. I quali, però, possono parallelamente portare avanti dei piani di assunzione per ringiovanire l’organico.
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