Incentivi per chi resta al lavoro, una spinta alla previdenza integrativa e rivalutazione dell’inflazione per le pensioni minime, che dovrebbero sfiorare i 630 euro. Sul fronte previdenziale, in manovra, il governo si è mosso con molto cautela: sia per le poche risorse a disposizione sia per non esacerbare gli animi in una fase congiunturale molto complessa. Proprio per queste ragioni — in primis quelle di bilancio — l’esecutivo ha provato a mettere un freno agli esodi anticipati nonostante un pezzo importante della maggioranza come la Lega spingesse per il superamento della legge Fornero. Di conseguenza, il capitolo previdenziale della manovra ruota su meccanismi che spingano i lavoratori a restare in ufficio e in fabbrica oltre gli attuali termini sull’età di ritiro, rendendo più conveniente rinviare la pensione. In questa direzione è stato rivisto il cosiddetto Bonus Maroni, che consente a chi ha i requisiti per la pensione anticipata di chiedere di avere in busta paga i contributi a carico del lavoratore (il 9,19% della retribuzione) rinunciando all’accredito sul proprio montante contributivo. E che non ha funzionato perché non conveniente dal punto di vista fiscale. Nel 2024, per esempio, è stata usata da poche centinaia di persone.
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I COSTI
Per il futuro il governo guardarebbe all’esenzione fiscale per questo bonus e su una riduzione della tassazione sulla base di quanto avviene per gli aumenti salariali previsti dalla contrattazione di secondo livello. Sembra al momento più complicato introdurre un accredito figurativo per l’importo previsto dal bonus, da estendere anche a chi ha i requisiti per la pensione anticipata indipendente dall’età: cioè ha maturato 42 anni e 10 mesi di contributi. Una possibilità che, però, necessita di risorse. Sempre sul fronte previdenziale si va verso l’adozione di un nuovo semestre di silenzio assenso per il conferimento del Tfr alla previdenza integrativa. Ciò varrà non solo per i nuovi assunti ma anche per coloro che sono già occupati che qualora non avessero già conferito il Tfr maturando ai fondi e non volessero farlo dovranno dirlo esplicitamente. Un pezzo di quanto versato ai fondi potrà essere utilizzato in alcuni casi per andare in pensione prima dei termini, ma con 64 anni di età e 20 anni di contributi.
Stop al pensionamento obbligatorio a 67 anni per i lavoratori pubblici che hanno 42 anni e 10 mesi di contributi di restare in servizio su base volontaria. Confermata la misura dell’Ape sociale, con 20 milioni in più per l’anno 2025, 30 milioni in più per il 2026, 50 milioni in più per il 2027 e 10 milioni in più per il 2028.
Per Quota 103 si va verso il ricalcolo contributivo dell’intera pensione per chi decide di accedervi e il tetto massimo all’assegno che si percepisce fino all’arrivo all’età di vecchiaia (2.394 euro al mese quest’anno) oltre all’allungamento delle finestre a sette mesi per il privato e nove per il pubblico. La stretta ha dissuaso la gran parte delle persone che hanno raggiunto i requisiti nell’anno che quindi hanno scelto di continuare a lavorare e aspettare di raggiungere i 42 anni e 10 mesi di contributi che consentono di andare in pensione anticipata senza ricalcolo della pensione interamente con il sistema contributivo. Palazzo Chigi lavora infine anche a un intervento sulle pensioni minime per tentare di portarle verso i 630 euro al mese. In pratica le pensioni minime, che dal 2024 sono pari a 614,77 euro, dovrebbero non solo vedere prorogato l’incremento che avrebbe dovuto essere transitorio e scadere alla fine dell’anno e recuperare l’inflazione, al momento intorno all’1%, arrivando così a 621 euro, ma salire oltre questa cifra. Il ritocco dovrebbe riguardare 1,8 milioni di pensionati.
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